Potenzialità del segno informatico

Il progetto architettonico ha bisogno di essere comunicato e da sempre la sua cifra comunicativa è in primo luogo quella del disegno, che, se fino a qualche tempo fà era generato da un rapporto automatico di causa-effetto tra il cervello e la mano, da qualche anno appunto si confronta con le nuove tecnologie informatiche e multimediali .

Questo è uno dei settori che più è stato interessato dall’evoluzione –rivoluzione informatica della fine del ‘900, evoluzione che  rende possibili controlli e performance progettuali assolutamente prima impensabili.

Sono ormai alla portata di tutti computer e programmi capaci di verificare  e modellare, anche con tecniche fotorealistiche, soluzioni architettoniche complesse consentendo, per esempio, di visualizzare  l’interno di un edificio, prima che questo venga materialmente realizzato.

Il problema nasce quando queste nuove metodologie rappresentative sostituiscono, anche a livello formativo, il segno tradizionale-ben più di semplice tecnica ma- vero  e proprio “strumento di misura e proporzione”; nasce quando a queste notevoli potenzialità ci si accosta asservendole prevalentemente a fini meramente economici ed utilitaristici, ritenendo che le potenzialità del software possano sostituire il valore della capacità intellettuale e culturale  che sovrintende il processo progettuale.

Corriamo il rischio di uno svilimento del progetto architettonico ed ingegneristico a semplice assemblaggio di elementi preconfigurati, poiché non è più concesso, non più richiesto il tempo dell’approfondimento, dell’autocritica e del ripensamento, fondamentale nel processo progettuale, il quale deve sposare, non dimentichiamolo, alta tecnologia, psicologia percettiva, memoria storico-geografica, normative, gusto.

Sempre più progettisti sono disposti a sacrificare la loro specificità culturale al totem tecnologico, non rendendosi appieno conto che un’acritica simbiosi con la macchina li trasforma nella versione de-evoluta e spersonalizzata, degli amanuensi, dei quali però non hanno né la “grafia" né la capacità del controllo delle congruenze costruttive.

Senza contare che la moda della virtualizzazione del progetto comincia a condizionare anche una certa committenza privata, e anche specializzata, che sposta pericolosamente la propria attenzione più sul potere evocativo ed emozionale dell’immagine generata dal mezzo informatico che sul contenuto reale del progetto.

Tutto questo ragionamento non vuole però in nessun caso sostenere che l’evoluzione tecnologica vada combattuta. Al contrario và perseguita ed incrementata; si pensi alle potenzialità offerte dalla rete, anche con l’invenzione delle reti “Extranet”, le quali rendono possibile a più professionisti, sparsi per il mondo, di lavorare contemporaneamente ad uno stesso progetto quasi si trovassero nel medesimo studio; o, più semplicemente, la rapidità e la facilità con cui una serie di dati, documenti, informazioni, possono essere trasferiti o scambiati in tempo reale. Tutto ciò favorisce la contaminazione tra esperienze diverse con enormi possibilità di arricchimento culturale e conseguentemente della ricchezza progettuale. Occorre però un approfondimento etico sull’uso di queste tecnologie, che non vuol dire “consumo" di un  prezioso strumento di sperimentazione e controllo, che invece contribuisce al raggiungimento del massimo risultato, la cui soglia di qualità si sposta giustamente ogni giorno più avanti.

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