Lentocrazia e semplificazione

I media ci restituiscono ora per ora  la rivoluzione in corso nel Nord Africa e nel Medio Oriente cui i governi locali rispondono con la violenza o, in  alcuni casi, con aperture economiche e sociali troppo timide per costituire un sufficiente correttivo  e compensazione di troppi anni di vessazioni e povertà.

Anche da noi, fatte le debite proporzioni, si vive da molti anni in un regime vessatorio: quello di una “lentogerontoburocrazia” restia ad ogni istanza di rinnovamento e a svolgere il proprio ruolo in rapporto alla necessità di velocità e efficienza che il mondo economico richiede. Altrettanto, le risposte della politica alle sempre più pressanti istanze del mondo produttivo appaiono timide e inefficaci. Così mi pare la Legge emanata da poche ore dalla Regione Siciliana. Intanto perchè, a ben leggere, i trenta giorni assicurati per la conclusione dei procedimenti amministrativi valgono solo se altre leggi o regolamenti non fissino un termine diverso, e comunque essi sono solo virtuali poichè il termine può essere interrotto per svariati motivi; ancora, è solo il primo in caso di pareri discordi tra gli altri e infiniti Enti di controllo. Poi perchè, a voler essere attenti, il mancato rispetto di questi termini non dà luogo, almeno ad una prima lettura, a sanzioni.

Ricordiamo altre leggi che hanno tentato di alleggerire il peso e i costi della burocrazia: si sono dimostrate sostanzialmente inefficaci anzi, talvolta, si sono risolte in un ulteriore appesantimento delle incombenze. Altre volte ancora, vedi il caso della DIA in edilizia, si sono rivelate subito una sorta di roulette russa  a causa del bailamme di norme, leggi, regolamenti, condito delle più svariate, a volte soggettive, interpretazioni.

Nel mondo delle infrastrutture e dell’edilizia si aggiunge una cronica insufficienza di visione politica che da un lato ha ridotto drasticamente gli investimenti pubblici e per quelli rimasti ne ha appesantito a dismisura procedure e costi, dall’altro rende quelli privati, al di là dei proclami e (forse) delle intenzioni, di incerta programmazione nel tempo e nei costi. Perchè?

Le Amministrazioni pubbliche che devono controllare non sempre dispongono di dirigenti  adeguatamente motivati e formati, sia sul piano tecnico che sul piano della consapevolezza sull’importanza del ruolo. Perchè ancora, malgrado le sollecitazioni del mondo produttivo e professionale, si insiste a mantenere in vita una legislazione ostica e penalizzante, a tal punto che il ruolo del tecnico è diventato subordinato  a quello della magistratura e degli avvocati.

Succede a volte che le pratiche edilizie, più che essere esaminate dagli organi tecnici interni alle amministrazioni, vengano sottoposte da questi a valutazioni giuridiche esterne. Possiamo capire anche perchè: nella confusione delle norme e delle interpretazioni sembra meno rischioso non fare, specie se non si possiedono mezzi, umani e materiali, adeguati. Solo che adesso c’è una variabile imprevista: ogni iniziativa che non trova conclusione causa, oltre che in un danno economico per il singolo imprenditore, anche un mancato introito per le casse comunali ed erariali. In tempi di federalismo fiscale ciò si tradurrà in problemi economici  anche per la classe burocratica che fino ad adesso ha avuto assicurata la certezza della remunerazione e che domani potrebbe non averla più. In questo ora  accomunata  al lavoro privato.

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