La Professione del paesaggio

Il paesaggio, che la natura e la storia ci hanno lasciato, è bene costituzionalmente rilevante e per questo tutelato; è l’insieme delle condizioni naturali e antropiche così come le modificazioni perenni del clima, dell’economia, della storia, dell’attività dell’uomo di cui esiste una percezione fisica ed emozionale, in continua evoluzione.

Il paesaggio è quindi una componente, intrinsecamente e relazionalmente complessa, dell’ambiente e del territorio, e richiede quindi una complessità di risposte e di competenze.

Sono nate perciò negli anni diverse figure che, a vario titolo, con esso interagiscono: agronomi, ingegneri, paesaggisti, che ne studiano le modificazioni e ne governano in qualche misura le trasformazioni. L’approccio a questo tema  interessa l’agricoltura, l’industria, l’economia, interessa anche il grado di vivibilità dei luoghi dal punto di vista estetico che, evidentemente, interagisce notevolmente con la qualità della vita di noi  tutti. Si capisce credo bene, da queste semplici riflessioni, quanto delicato e complesso sia il tema del suo controllo e quanti aspetti particolari questo includa. La figura del Paesaggista comincia a delinearsi come uno dei punti di riferimento per quest’attività e, ovviamente, questa figura tende ad organizzarsi.

Un esempio lo abbiamo avuto recentemente anche dalle nostre parti con il convegno “Progetto Paesaggio” promosso dall’AIAP, organismo privato che raccoglie i professionisti della materia, ma tanti altri esempi se ne contano in Italia ed in Europa.

Potrebbero nascere quindi naturalmente dei conflitti di attribuzione, di sfera di competenze. Ebbene questi non hanno diritto di cittadinanza per almeno due ragioni.

La prima: se un compito hanno le professioni liberali e gli organismi che attualmente le rappresentano è quello di contribuire allo sviluppo ordinato della Società, dando risposte articolate a problemi complessi. Queste risposte non possono essere messe in discussione da azioni di tutela verso le singole specialità perchè esse rappresentano la vera responsabilità degli organismi professionali verso la società che viene prima di quella verso i singoli iscritti.

La seconda: la complessità e varietà di temi che attengono al controllo del paesaggio e quindi del territorio è tale da rendere necessario un coordinamento, una regia complessiva delle azioni, che devono corrispondere a obiettivi strategici. Storicamente, solo da alcune migliaia di anni, il controllo del territorio e delle sue trasformazioni, a tutte le latitudini e in tutte le culture, ha avuto una sola regia: quella dell’Architettura, e non saremo certo noi, attuali abitanti della Terra, a poter modificare questo stato di cose. E’ quindi alla figura dell’architetto che spetta il controllo, la regia di questi processi ma questa non può essere autoreferenziale perchè, altrimenti, verrebbe meno alla sua natura di gestore olistico di elementi complessi. Bisogna però intendersi sulla figura dell’Architetto. Che non è solamente un laureato in architettura ma è un professionista, uno studioso, che attraverso l’esercizio e la sperimentazione ha acquisito la mentalità dell’organizzazione e della gestione della complessità; deve cioè essere in grado di capirne le problematiche e saperle relazionare in quella visione d’insieme che ne caratterizza gli esercizi più alti sul controllo delle modificazioni territoriali e spaziali.

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