Lo sviluppo della rete ferroviaria, legato alla industrializzazione del Paese nell’ottocento, vide l’insediamento dei tracciati lungo le coste. Non fece eccezione Catania e l’intera Sicilia Orientale, costretta in una cintura di ferro quasi tutta costruita a pochi metri dal mare; nella città etnea venne realizzata la Stazione sulla scogliera dell’Armisi oltre un imponente viadotto, una volta sul mare, lungo il margine sud della città settecentesca, fino al Castello Ursino, che i catanesi chiamano “Archi della Marina”. Gli ultimi decenni, in relazione ai programmi di potenziamento della rete, hanno visto impegnata la Città in un dibattito sulle sue direttrici di sviluppo e sul mantenimento o meno del viadotto, tra fautori della sua demolizione o della sua trasformazione in una green-way.
La terza via -il mantenimento in sede del tracciato abbondantemente potenziato- è quella che si stà prefigurando, in relazione alla pervicacia delle FF.SS. e che prevede il raddoppio dei binari in parallelo all’attuale sede, con una serie di conseguenze gravissime per la Città e il suo tessuto storico. Che vanno dall’applicazione di un kilometrico condom, alto oltre sei metri, sulla struttura degli “Archi”, a devastanti demolizioni di una parte del tessuto settecentesco, anche in prossimità di importanti reperti archeologici come le Terme dell’Indirizzo. Soluzione contestata dalla Città nel suo complesso e anche dall’Amministrazione Comunale che, nella proposta di revisione del PRG, ne ha individuato un diverso tracciato, molto meno invasivo. Le ragioni (?) dell’ostinazione delle Ferrovie sono da ricercarsi nella necessità di spendere il cospicuo finanziamento (circa 500 milioni di Euro) e di assicurare comunque, durante i lavori, lo svolgimento del traffico ferroviario, cui aggiungere che il loro avvio consentirebbe un grande impiego di manodopera e, in tempi di grave crisi occupazionale come questi, ciò non è roba da poco. Non so voi, ma a me pare si sia di fronte a una sorta di “ricatto” politico-economico che, ancora una volta, vorrebbe far passare sulla testa di una comunità -e della ragionevolezza- un principio utilitaristico di corto respiro, superato dai tempi e dalle tecnologie.
Best casino onlineE’ vero, le risorse stanziate garantiscono importanti volani economici e il necessario sviluppo dei collegamenti su ferro, ma il prezzo da pagarsi è ottusamente e inutilmente alto visto che un’altra via è possibile e che essa consentirebbe di non mettere a rischio i “valori” della città, anzi di potenziarli. Fare un by-pass sotto il bacino portuale, come previsto nella proposta del PRG, non solo è fattibile in termini tecnici ed economici, ma permetterebbe di recuperare il rapporto visivo con il mare e viceversa dagli incomparabili scorci sulla quinta storica, proprio rendendo il viadotto parte di un parco lineare esteso dal porticciolo di Ognina fino al Castello Ursino che, secondo un recente studio promosso dalla comunità degli Architetti, potrebbe raggiungere la foce del Simeto. Le implicazioni turistiche e di riqualificazione complessiva della città sono talmente evidenti da non sfuggire, anche ai non addetti ai lavori; e allora, perché tanta ostinazione? Dobbiamo augurarci che su questo tema, strategico per Catania e l’intera Isola, le forze sociali e politiche sappiano dare una risposta corale e univoca a prescindere da ruoli e ideologie per non far trattare la Città, ancora una volta, da “colonia”.