Il Prg deve avere una visione strategica

Approfondiamo il tema della pianificazione urbanistica con il caso emblematico di Catania, seconda città siciliana.
Il suo Piano, con iter ultra decennale, è stato gestito oltre gli attuali, da due Sindaci, un Commissario, tre diversi Consigli Comunali; ha avuto almeno tre diversi progettisti riconosciuti.
Di più , nell’arco di tutto questo tempo la città si è mossa e modificata: sono stati programmati ed in piccola parte avviati i parcheggi scambiatori e quelli interrati; è stata rimodellata la viabilità nord della circonvallazione, ormai da vedersi come strada urbana; sono stati presentati, e credo approvati, diversi insediamenti per edilizia agevolata, i cosiddetti Programmi Costruttivi, spesso nascenti indipendentemente dalle reali destinazioni urbanistiche dei loro siti; è stata avviata, speriamo positivamente, la risoluzione del contenzioso “San Berillo” e, si dice, un famosissimo architetto si stà occupando di disegnarne il “master plan”.
Tutto questo, ed altro ancora, inciderà sulle scelte già fatte per il Piano Catanese , e renderà ineludibile una sua organica integrazione e rielaborazione.
Il che causerà ancora ritardi ma, anche, una buona occasione per migliorarne alcuni aspetti.
Il primo, quello di una certa mancanza di visione strategica circa il marketing urbano: per esempio, l’integrazione nel sistema economico-produttivo della città delle sue enormi risorse architettoniche, artistiche e culturali, con le sue particolari condizioni paesaggistiche.
Poi, sarà bene meglio precisare le modalità di attuazione di quelle che il Piano definisce “Aree Risorsa”, e cioè tutte le più estese aree libere della città che il PRG dichiara edificabili secondo principi perequativi e nelle quali, fissati i parametri prestazionali dell’intervento, viene lasciata una interessante libertà propositiva ai promotori-costruttori. Interessante libertà purchè non diventi arbitrio e non sufficiente attenzione agli interessi generali della collettività, nei quali rientra appunto quella visione strategica cui prima accennavo, cui è implicito ancora il fatto che dal futuro processo economico-produttivo che deriverà da queste Aree Risorsa, non debbano essere escluse , o ridotte a presenza marginale, le imprese e le forze professionali della città: sembrerebbe ovvio ma, allo stato dei documenti conosciuti, potrebbe non essere così.
Per il tessuto storico, se pur curato “caso per caso” non sembra esserci quella visione d’insieme che fà parte della strategia prima invocata; altrettanto il Piano e le sue Norme sembrano rifugiarsi nella semplice riproposizione di interventi “in stile”, negando decenni di dibattito culturale e notevoli risultati architettonici, conseguiti in tutt’Europa, sull’integrazione tra storia ed innovazione quale germe vitale della Città.
Ultimo, ma non l’ultimo, problema, cui sarà utile porre maggiore attenzione, è quello delle “periferie interne” della città; mi riferisco alla espansione cittadina del dopoguerra, quella della speculazione edilizia e della mediocre qualità costruttiva che si presenta con diffusi caratteri di degrado e squilibrio sui quali si innestano problematiche di sicurezza ambientale ed anche sismica.
Non sembra curarsi il Piano di prevederne scenari di ristrutturazione urbanistica, possibili sul piano economico-operativo e utili ad innescare un complessivo miglioramento della qualità urbana che è fatta anche di qualità architettonica.

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