Abitare vuol dire anche codificare

Gli esseri umani imparano; imparare significa acquisire modelli di comportamento e capacità sulla base dell’esperienza, personale o collettiva, o attraverso l’insegnamento di altri. Impariamo a mangiare, a vestirci, a nuotare; impariamo a legger e a far di conto. Non impariamo a respirare perchè attività automatica sin dal primo vagito. Non impariamo altre cose perchè connesse intimamente alla vita biologica. Anche l’abitare, il vivere in uno spazio chiuso sembrerebbe una di quelle attività che non si imparano scientemente perchè la gran parte degli uomini nasce, cresce e vive, fino alla fine naturale della vita, in uno spazio chiuso, quasi automaticamente.
Eppure l’esperienza del vivere contemporaneo ci dice che l’attività dell’abitare deve essere re-imparata. Basta confrontare le case che si sono costruite nel corso dei secoli con quelle che il novecento ci ha lasciato per rendersi conto di come abbiamo dimenticato la “cultura” dell’abitare.
Siamo stati infatti circondati, in Sicilia particolarmente, da un’immensa quantità di vani, di cemento e mattoni che, con la scusa del fenomeno dell’inurbamento post-industriale, della ricostruzione post bellica prima, e della speculazione edilizia cittadina o delle case di vacanza, ha snaturato, sprecato interi patrimoni di territorio e di ambiente. La bassa qualità edilizia della recente epoca ha prodotto una massa informe, se non deforme, di brutti edifici pari o superiore a quella prodotta nei passati millenni. Abbiamo dimenticato, nella memoria generale e collettiva, che abitare è anche codificare una serie di abitudini e comportamenti che devono tendere ad elevare l’anima dell’uomo e non solo offrire un riparo alla pioggia o ai propri soldi.
Eppure esiste un altro modo di fare edilizia, di pensare l’ambiente ed il territorio che vale al di là delle mode e delle culture. Non è un unico modo, possono essere, sono, tanti modi quanti sono i modi di essere e pensare dell’uomo. Si può fare architettura ed essere architetti lavorando in un piccolo studio di campagna, pensando case che gli stessi abitanti si costruiranno; lo si può essere al contrario disegnando ville lussuose dove ogni singolo dettaglio, dal pavimento alla struttura, e financo le maniglie, sono pensati secondo una ricerca e sperimentazione della qualità che spesso si accompagna ad un low-profile, una mancanza di ostentazione difficilissima.
Si possono costruire case dove abita un concetto, un’idea od un ideale, come si possono costruire case che accoglieranno persone meno fortunate, che da soli una casa non potrebbero mai acquistarla o costruirla.
Si possono costruire case fatte di vuoto, di trasparenza, per essere attraversate fisicamente e mentalmente, come le si possono pensare e costruire volutamente impenetrabili ed isolanti dal contesto che le circonda: isole di tranquillità e autoanalisi.
Questo modo di fare architettura e di imparare ad abitare, nella realtà che circonda, rappresenta ancora una nicchia, un esercizio per iniziati, quasi una setta segreta.
Ed allora bisogna sfruttare ogni minima occasione per acquisire conoscenza e consapevolezza che il modo cosciente di abitare, d’usare il territorio, d’usare le risorse che la natura ci rende disponibili, costituiscono, lo sono state per secoli, il modo per essere buoni cittadini, abitanti del mondo e del nostro tempo.
Perchè il nostro futuro e quello di chi verrà dopo di noi sia migliore di quello che abbiamo sin quì vissuto.

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