Lecito in Lombardia? Illecito in Sicilia

Tutti i commentatori delle ultime vicende che interessano l’economia mondiale concordano sul fatto che da questa crisi si esce con la programmazione di un nuovo modello dell’economia di mercato; anche i più accesi fautori della globalizzazione planetaria e della deregulation, più o meno volentieri, ammettono che il mercato ha bisogno di alcune regole, sopratutto etiche e comportamentali. Bisogna cioè ristabilire il giusto valore delle cose, dei bisogni e su questo è necessario che gli Stati, ed anche le organizzazioni sovranazionali, fissino delle regole generali più attente ai veri interessi delle persone.
Comunque occorre prendere decisioni rapide ed il più possibile incisive ancorchè coordinate.
L’Italia soffre, forse un pò più di altri Paesi, di procedure complesse ed incerte in tutti i campi; anche ed in special modo, per quanto riguarda l’avvio delle attività economiche. Nell’ambito che interessa questa rubrica, e cioè la trasformazione fisica del territorio e le sue influenze sulla collettività, possiamo dire ( anzi l’abbiamo più volte sostenuto) che soffriamo di una elefantiasi normativa ed interpretativa che non ha forse uguali al mondo. Ad esempio la possibilità per le nostre Regioni di dotarsi di una propria normativa urbanistico-edilizia crea una diversità sperequata per cui quello che è lecito o possibile in Lombardia , non lo è od è possibile con modalità tutt’affatto diverse, in Sicilia. Anche per i diversi indici di produttività ed efficienza delle diverse Pubbliche Amministrazioni.
Fino ad ora le risposte dello Stato ai vari problemi non hanno sempre brillato per velocità e decisionismo. Ad esempio lo strumento dello Sportello Unico per le Imprese, per cui un’iniziativa imprenditoriale dovrebbe trovare un unico interlocutore dal punto di vista delle autorizzazioni necessarie ( decine) che dovrebbe espletare l’iter complessivo in tempi certi e ragionevolmente brevi: Chi opera in questo settore sà che non è così, Ogni giorno leggiamo sui quotidiani di iniziative che partono, si bloccano, si sospendono per questo o quell’improvviso veto o problema interpretativo. Così pure sul tema, di drammatica attualità, della sicurezza del lavoro: ad ogni incidente grave l’unica risposta che lo Stato riesce a dare è quella di un ulteriore appesantimento burocratico-normativo che poco o nulla contribuisce all’aumento delle condizioni generali di sicurezza.
Lo stesso quando ci riferiamo ai servizi professionali. Leggevo su un settimanale che si stanno aprendo studi legali che offrono consulenza ed assistenza a prezzi da saldo letteralmente in un negozio sulla strada. Sembrerebbe buona cosa che tutti possano accedere ad un’assistenza specializzata a poco prezzo; la domanda è : con quanta qualità, approfondimento e competenza?
Siamo sicuri che abbattere tout-court i compensi professionali sia la giusta soluzione? oppure si possono mettere in campo le condizioni per cui i costi di gestione di questi servizi si abbassino e questi risparmi possano trasferirsi, questi sì sul libero mercato, agli utenti?.
Un regime fiscale meno oppressivo, una drastica semplificazione e riduzione delle procedure , a costo zero, può produrre risparmi significativi e rendere più efficace, sicura e produttiva l’intera economia, e con questa la sicurezza ed il benessere collettivo.
Anche perchè il modello futuro del mondo sarà quello della lotta allo spreco e questo è tale anche quando butta via risorse per norme inutili.

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