Lo Zigurrat di Dubai ha un’identità?

Nel Novecento, oltre le “new towns” inglesi, furono solo due gli esempi significativi, di città di nuova fondazione, Chandigarh nello stato indiano del Punjab progetrtata da Le Corbusier e Brasilia dovuta a Lùcio Costa. Furono queste nuove città, ma anche città nuove, nel senso che il loro modello organizzativo, sia pure di Capitali e quindi con oggettive necessità di rappresentatività, tendeva a stabilire una relazione tra abitazioni, servizi e produzione basata sulla libera mobilità integrante gli edifici con un sistema di aree verdi e spazi di relazione, modello basato su una crescita ed una occupazione progressiva del territorio; progressione anche temporale che consentiva comunque l’avvio di un processo di lenta appropriazione del suolo e stratificazione dei saperi, degli usi, delle abitudini. Città quindi materiali, comunque orizzontali, ma predisposte a diventare città “appartenenti” agli uomini che le avrebbero abitate.
Il fenomeno dell’urbanesimo, cioè del trasferimento di un gran numero di persone verso agglomerati urbani sempre più grandi, non si è mai fermato: le città continuano a crescere oltre i propri confini e tuttavia assistiamo nel nuovo secolo e con frequenza sempre maggiore ad ipotesi, in alcuni casi già avviate, di nuove città.
E’ recente la notizia che a Dubai ( al solito) dopo le isole private riproducenti i continenti della Terra, od a forma di gigantesca palma, si progetta la costruzione di una “Città del futuro” dal nome evocativo di “Ziggurat” , una sorta di gigantesca piramide ipertecnologica e, dicono, ecosostenibile, capace di accogliere oltre un milione di persone. In realtà un iper-edificio che occuperebbe una superfice di 240 milioni di metriquadri. A ben vedere nulla di particolarmente originale, perchè, senza pensare alle civiltà mesopotamiche od agli antichi egizi, nel film “Stargate” questa sorta di città era già stata rappresentata sia pure come astronave-maniero, del dittatore alieno.
Vedendo le poche immagini del modello viene spontaneo chiedersi a chi sarà riservato il lusso di vedere dalla propria finestra le stelle od il sole, quale sarà il processo di identificazione degli abitanti con il territorio circostante che sembra entità estranea all’iper-edificio, oltre al dubbio che questa “meraviglia” della tecnica, pensata da una Società che ne ha già brevettato il modello, e ne vuole costruire non una ma alcune, con il passaporto di uno pseudo ambientalismo e con gli effetti speciali da luna-park possa instaurare, se realizzata, un nuovo modello di dittatura, dittatura dell’omologazione territoriale, del controllo a distanza della vita e dei movimenti delle persone.
A pensarci bene un’astronave controllata, appoggiata su di un suolo che le è indifferente e che vuole dominare con la sua gigantesca ed temibile imponenza.
Forse si tratterà invece di un’iperbole architettonica pensata come simbolo della nuova ricchezza di governanti che hanno rifiutato la propria cultura e l’evoluzione equilibrata del proprio territorio per garantirsi introiti dopo ed oltre quelli del petrolio.
Ed in fondo, è più facile conquistare il successo imprenditoriale, professionale, economico, cercando la spettacolarizzazione di processi che invece hanno avuto un’evoluzione plurimillenaria, fatta di piccole e costanti innovazioni, come piccola e costante è l’evoluzione del genere umano di cui, in fondo, l’architettura e l’urbanistica sono servizio ed espressione.

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