Sono i privati a distruggere il paesaggio, ma a volte fanno tutto gli enti pubblici

Di solito le regioni meridionali, la Sicilia in particolare, vengono additate come fabbriche di abusi edilizi, anzi come luoghi in cui l’abuso è regola costante assurta al ruolo di sistema accompagnato da una classe politica dedita al favoritismo ed alla furbizia. Esagerazioni? forse no, tuttavia il Bel Paese, e questo non può certo farci gioire, non stà messo molto meglio e non solo per opera di speculatori e privati insensibili.
Al Museo Maxxi di Roma, una mostra curata dalla Direzione Generale per l’architettura e l’arte contemporanea, attraverso le immagini di quindici fotografi ha documentato lo stato di salute del paesaggio in Italia, paesaggio immobiliare, paesaggio illegale, quello dell’abbandono, il paesaggio del turismo e quello di eccellenza.
E si scopre che spesso non è il privato cittadino a causare i guasti più gravi , anche in regioni considerate le portabandiera della legalità e della cultura dell’ambiente.
Si scopre per esempio che in Trentino , la regione “verde” per eccellenza si vara una legge per fermare la costruzione di seconde case e poi si consente la ristrutturazione di antichi
casolari che possono essere demoliti e ricostruiti con volumetrie doppie o triple, oppure si distruggono intere ambiti boschivi per far posto a nuovi impianti di risalita e piste da innevare artificialmente, cosa che significa anche la costruzione di immensi bacini per contenere l’acqua necessaria alla produzione di neve artificiale, con gravi conseguenze per l’equilibrio idrogeologico.
In Lombardia un sindaco di sinistra deve battersi per salvare il Lago Inferiore di Mantova dall’aggressione di trecento villette autorizzate dal suo predecessore e collega di partito.
In molte parti d’Italia vengono costruiti edifici ed opere pubbliche, quasi sempre vere e proprie nefandezze architettoniche che poi vengono lasciate al più totale abbandono.
E’ la stessa Italia i cui ambientalisti, no-global, no-Tav, no-tutto, bloccano invece grandi infrastrutture transnazionali necessarie allo sviluppo reale del Paese ed all’integrazione dell’economia italiana con quella dei mercati europei.
E’ la stessa Italia in cui da molto tempo la forma burocratica legittima autentiche porcherie e disastri estetico-architettonici, bloccando a volte vere e proprie opere d’arte con i pretesti più vari, anche quelli di gruppi organizzati che perseguono la concertazione a senso unico.
Allora, per favore, non ci si venga a far la morale, non ci si venga a dire e non diciamoci più quanto sono bravi al nord e quanto incoscienti siamo noi.
La verità è che l’Italia, tutta l’Italia, ha perso il senso del bene collettivo, ha perso il metro dei valori reali anche con la complicità di un sistema normativo che formalmente dovrebbe regolare e tutelare, ma che in realtà, con i suoi innumerevoli formalismi, lascia spazio alle furbate incolte spacciate per progresso ed esempi di grande imprenditorialità.
Queste cose gli uomini di cultura, gli architetti, da anni le conoscono e le combattono, chiedendo norme più semplici e basate sul rispetto della qualità più che della mera quantità.
E’ per questo che oggi l’urbanistica e l’architettura sono diventate più materia d’avvocati che di architetti, solo che il Paese, il Bel Paese, non è una risorsa illimitata, anzi, ne abbiamo rovinato già un buona parte.

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