I nostri tempi conoscono un rinnovato interesse per gli edifici legati alla cultura del vino e della sua produzione.
Si rinverdiscono i fasti del XVII e XIX secolo che hanno visto, in Francia, la nascita di un’architettura specializzata. In quel periodo nel Bordeaux nascono gli “chateaux”, importanti edifici nobiliari che ospitavano le attività di trasformazione delle uve derivanti da un corposo processo di specializzazione nella coltura del vigneto su aree molto vaste, tali da richiedere l’edificazione di un presidio che testimoniasse, con la sua fisicità ed imponenza, il potere quasi assoluto del “Signore” proprietario dei vigneti.
Già allora l’architettura specializzata, nelle sue differenti tipologie, assolveva a funzioni di marketing, per cui lo “chateau” costituiva sinonimo di qualità del prodotto.
L’ultimo decennio ha visto riesplodere il fenomeno delle architetture del vino, questa volta non più su scala regionale europea, ma su base planetaria. Architetti più o meno famosi hanno costruito e stanno costruendo, in America, in Nuova Zelanda od in Sud Africa, edifici specialistici nello spirito di quella cultura originaria dei chateaux francesi, parallelamente alla rivalutazione delle caratteristiche alimentari, organolettiche e salutistiche della bevanda, che non rappresenta più solamente un alimento ma un vero e proprio status symbol ed un modo di concepire la vita.
Tant’è che produttori di vino, pregiato, non sono più solo agricoltori, ma anche industriali ed uomini di finanza che affidano parte della loro immagine aziendale od imprenditoriale alla produzione di pregiate bottiglie, il cui luogo di produzione diventa il veicolo stesso dell’immagine della qualità complessiva dell’azienda.
Come sempre la ricerca architettonica cerca e dà risposte all’aspetto tecnico- produttivo ed a quello rappresentativo, a volte con risultati di sorprendente bellezza e suggestione.
Tra i più belli, a mio avviso, và citata la Dominus Estate, edificata in California su progetto di Herzog e DeMeuron, un semplice parallelepipedo in pietra ed acciaio capace di caratterizzare con la sua semplicità ed il suo colore un piatto paesaggio americano.
Tra le più recenti realizzazioni, quella di Mario Botta a Suvereto, sintetizza l’aulicità e la storia della produzione del vino con la sua forma simbolicamente cilindrica e non manca un esercizio, recentemente inaugurato, di Renzo Piano in Toscana.
Anche in Sicilia la produzione del vino ha già conosciuto una ricca stagione verso la fine dell’ottocento, sia pure finalizzata alla produzione di vino da taglio. Nacquero così dalle nostre parti numerosi palmenti la cui diffusione e omogeneità costruttiva determinò il formarsi di una tipologia architettonica oggi assunta, giustamente, al rango di bene antropologico-culturale.
Il fenomeno durò fino ai primi del novecento per poi interrompersi a causa della diffusione di una grave malattia della vite che limitò fortemente la sua coltivazione favorendo la riconversione dei vigneti nell’allora più redditizio agrumeto.
La recente riscoperta della grande qualità produttiva possibile in Sicilia ha fatto riprendere gli investimenti in questo settore e favorito la nascita di numerose aziende di grande qualità. C’è da sperare che anche nella nostra terra si sviluppi la sinergia tra la qualità del prodotto e la qualità degli fabbriche in cui esso nasce. A vantaggio della produzione e dell’ambiente.