Da un po’ di tempo sentiamo parlare di qualità, di certificazioni ISO, di processi controllati, di garanzie per l’utente consumatore.
Concetti che risultano comprensibili se riferiti ad un prodotto industriale , che sò, un’automobile, un frigorifero, del quale riusciamo facilmente ad immaginarne il processo produttivo che, attraverso una serie di procedure, riesce a garantire la costruzione di migliaia di pezzi tutti perfettamente uguali tra loro e dei quali riesce a limitarne quelli con qualche difetto od imprecisione. Più complicati se ci riferiamo al sistema dei servizi professionali, specie quelli relativi all’ingegneria e all’architettura.
Il concetto della qualità in questi settori è stato organicamente introdotto dalla Legge 109, meglio conosciuta come Merloni, la quale stabilì che la progettazione di un’opera pubblica doveva garantire appunto la qualità dell’opera e la rispondenza alle finalità relative.
Certo, a giudicare da alcune realizzazioni questo requisito è stato rispettato in misura inferiore alle attese e, sicuramente, poco percepito dall’utenza finale.
Infatti, parlando di qualità di un’opera architettonica, è facile far coincidere questo concetto con l’estetica, la gradevolezza o la funzionalità di essa. In realtà la qualità prevista dalla norma riguarda più da vicino quella qualità di processo che deve sovrintendere al modo di produrre un progetto, per esempio con riguardo al rispetto delle norme, dei costi stabiliti, dei tempi di produzione. Questo spiega il motivo per cui questi obbiettivi non sempre vengono appieno raggiunti.
Mentre il ciclo industriale è pressoché chiuso, il numero dei soggetti che vi concorrono è abbastanza limitato e, comunque, ciascuno di essi deve adeguarsi al sistema, pena la sua estromissione dalla produzione, così non è nel campo dell’ingegneria e dell’architettura; la produzione di un servizio professionale e la realizzazione della costruzione coinvolgono un certo numero di soggetti, il cui raccordo operativo è puramente formale, anzi spesso non esiste affatto; ecco allora che uno studio professionale che operi in regime di qualità può vedere annullati i suoi sforzi perché gli attori e realizzatori che ruotano attorno al progetto non adottano lo stesso sistema; già a partire dalla formulazione delle richieste cui il progettista deve dare risposta.
Richieste spesso incomplete, non sufficientemente analizzate, contraddittorie e disattese, poi il sistema delle norme ancora troppo caotico, non ultimo il sistema del controllo tecnico amministrativo.
Basta recarsi in qualsiasi ufficio pubblico per verificare come questi spesso siano privi dei più elementari strumenti di lavoro o, per fortuna meno spesso di prima, affidati a personale non adeguatamente competente o motivato.
Quando poi si arriva alla realizzazione dell’opera, questa subisce la mediazione dell’Impresa esecutrice che in qualche caso può essere un contenitore di sub-appaltatori , non sempre adeguatamente raccordati o di adeguate capacità.
Avviene allora che il processo realizzativo di un’opera si configura come il prodotto di una sommatoria di imprecisioni che richiedono, da parte dei soggetti più strutturati, un grande sforzo di controllo per ridurne gli effetti negativi.
Siamo alle solite, si pensa cioè in questo, come in altri casi, a dare una soluzione solo formale ai problemi. Per la sostanza c’ è tempo.