In questo 2012, che volge alla fine, moltissimi fatti sono accaduti o si sono manifestati dopo aver covato sotto la cenere dell’indifferenza. Tra terremoti e trombe d’aria da film americano, crolli di pezzi di storia millenaria e devastanti alluvioni, giganti della finanza mondiale che hanno bruciato i risparmi di famiglie sparse sull’intero pianeta e che adesso ripianano i loro default speculando sui generi di prima necessità, oltre che sui debiti sovrani di Paesi deboli impoverendoli ancora di più; una specie di terza guerra mondiale incruenta (quasi) o un Armageddon, per interpretare la profezia dei Maya che tanto va di moda. Fatti che hanno interessato l’Italia anche intensamente e rispetto ai quali si sono prese posizioni, le più disparate.
La cosa nuova, inconsueta, è che ci sono gruppi professionali ed economici, nelle loro svariate organizzazioni istituzionali sparse sul territorio, diverse per interessi politici e dimensioni della rappresentanza che una volta viaggiavano su binari separati neanche paralleli, i quali di fronte a questi accadimenti hanno trovato una voce e un sentire comune, spontaneamente. Mi capita spesso, in ragione del mio lavoro e di alcune piccole responsabilità rispetto alle politiche per la professione, di frequentare luoghi di discussione assembleare locali, regionali, nazionali di diversa estrazione e rilievo e di notare, mai come in quest’ultimo anno, un’unità di visione, d’intenti e di proposizione rispetto alle criticità prima accennate. Le posizioni di costruttori, architetti e ingegneri, associazioni ambientaliste, in questo momento convergono nelle parole e nei fatti e dicono che l’Italia ha bisogno -urgente- di ripensare, rimettere a sistema la gestione del territorio e la sua messa in sicurezza, ha bisogno di inventarsi o attuare un diverso modo di gestire l’emergenza abitativa che è tanto più grande quanto all’apparenza non evidente, ha necessità di pensare a nuove infrastrutturazioni più per qualità che per quantità. Se il Consiglio Nazionale Architetti spinge sulla messa in sicurezza degli abitati e del territorio, che poi sarebbe il VII° ciclo dell’edilizia ipotizzato dal Cresme, l’Istituto Nazionale di Architettura –IN/Arch- ragiona sulla IV^ stagione del Made in Italy e cioè su come aiutare gli imprenditori a generare economia e ricchezza investendo in qualità del paesaggio e rigenerazione urbana. Stesse posizioni, viste da un’altra angolazione, che si ritrovavano qualche mese fa tra ANCE, Legambiente e C. N. A. P. P. C. e che hanno dato origine al famoso “Piano delle Città” verso la riqualificazione urbana sostenibile del Ministro Profumo e che, purtroppo, ancora stenta a partire. Per esempio.
Tutto questo, con prudenza e ragionevolezza, può significare che il bandolo della matassa per far ripartire l’Italia verso un nuovo mondo (in questo sì i Maya avevano ragione) e una nuova più sostenibile prosperità è stato trovato, proprio da quelli che con questi aspetti si confrontano tutti i giorni. Non mancherebbe altro che il Governo e le Istituzioni (anche quelle europee) se ne rendessero compiutamente conto agendo sul piano normativo e fiscale in modo da favorire questo start-up. Già il nuovo Governo… per questo però dovremo attendere la prossima primavera, sperando che nel frattempo un nuovo Chicxulub non ci piova sulla testa.