Quasi sempre i territori antropizzati vengono caratterizzati dall’uso dei materiali reperibili sul luogo.
Se ne esiste uno dove questo principio trova la sua dimostrazione questo è certamente il bacino dell’Etna, nel quale la pietra lavica, dalla notte dei tempi, ha sempre caratterizzato i manufatti costruiti dall’uomo, costruendo una struttura territoriale unica ed inconfondibile.
D’altronde la nascita stessa degli insediamenti del bacino etneo trae origine dal Vulcano nel quale, millenni fa, i Siculi videro manifestarsi la loro divinità Adranon, dio del fuoco, considerato capace di donare vita e ricchezza. La credenza ancestrale e mitologica ha trovato una sua concreta dimostrazione in ogni epoca; la lava effusa dall’Etna è stata trasformata ed usata per costruire case, oggetti, come elemento di decorazione e struttura o come mirabile sintesi di questi due aspetti. Troviamo la sua presenza in muraglioni di epoca preistorica come in monumenti del periodo greco e romano che ancora possiamo godere e, in qualche caso, addirittura ancora usare grazie alle proprietà di solidità e resistenza che possiede. Ha contribuito, nel passato neanche troppo remoto, alla formazione di maestranze di scalpellini ed intagliatori capaci di plasmare la materia inerte in magici ricami e volute che adornano portali e facciate. Con il tempo e con l’evoluzione delle conoscenze e delle tecnologie, la pietra lavica è stata usata proponendo elaborazioni figurative e strutturali sempre diverse ma riconducibili allo sfruttamento delle sue proprietà, variabili a seconda del luogo di estrazione e dell’epoca delle colate. Ancora oggi, come nel passato, la pietra lavica è protagonista del processo costruttivo; è forma, può essere struttura, può essere tutt’e due. Con brevi gite questi assunti possono essere da tutti verificati; basta andare a Randazzo, dove si può ammirare il portale gotico di via Fisauli od un interessante cornice di finestra sulla facciata del palazzo Clarentano; Ad Acicastello ed a Paternò troveremo le austere mura di castelli medievali. Ancora ammireremo l’abilità leggiadra di antichi intagliatori nella facciata della chiesa madre di Pedara e nelle figure orride o angeliche dei cagnoli presenti in moltissime delle fabbriche storiche dei paesi del bacino etneo.
Questa ricercatezza formale , nel bacino della Val di Noto e più in particolare nel Catanese,si è arricchita di valenze estetiche, specie nel periodo della ricostruzione post terremoto del 1693, grazie all’uso combinato con la pietra bianca calcarea, creandosi un contrasto tra superfici nerastre e le finiture bianche delle cornici e delle modanature architettoniche che ha determinato l’unicità di Catania e di molti centri del suo hinterland.
Ancora oggi grazie a sapienti artigiani ed abili architetti la pietra dell’Etna ha un ruolo primario per la definizione di spazi pubblici ed ambienti privati, determinando il perpetuarsi di una memoria storica. Dobbiamo augurarci che questa tradizione dell’uso della lava, investendo nella ricerca sia d’uso che di forma, riesca a reinventarsi costantemente, cosa che purtroppo non avviene ancora facilmente, tuttavia non rinnegando mai la sua origine.