Un immenso patrimonio nascosto

Le esigenze di bilancio, presunte o reali, portano il Governo italiano a implementare tutta una serie di misure rigorose sulle quali economisti di fama esprimono più che un dubbio. Saranno capaci cioè di generare crescita agendo quasi esclusivamente sull’incremento della pressione tributaria, già elevatissima, che grava sul’economia reale? Giudicando dai risultati i dubbi sono più che leciti, se consideriamo che , per esempio, le prime misure del Governo Monti hanno distrutto interi settori dell’economia come il settore della nautica da diporto con decrementi dell’ordine dell’80% dei fatturati, o quello dell’auto, ancora recentemente e ulteriormente penalizzato, che vede sostanzialmente bloccate vendite e indotto, per non parlare dell’edilizia pubblica e privata che sconta anche errori strategici interni, dei quali abbiamo spesso trattato. Le ultime misure, finta riduzione dell’Irpef, aumento annunciato dell’IVA, ulteriori prelievi fiscali su una vasta platea di redditi, è scontato produrranno ulteriore riduzione dei consumi che già sono stati intaccati anche nei settori di prima necessità, come il cibo e la salute.

E’ una politica economica che parla due lingue: una forte, autoritaria e autoritativa quando si rivolge ai cittadini e all’economia reale, un’altra timida, incerta e contraddittoria, quando tratta dei temi del costo della politica e dell’inefficienza dello Stato. Che fine hanno fatto le proposte per la riduzione del numero delle persone che vivono di politica, che fine hanno fatto le ipotesi di riduzione del numero di Enti (provincie in testa), perché non si ragiona seriamente e velocemente sul riordino dei livelli di rappresentanza, conclamatamente tanto ridondanti quanto inefficienti? Due lingue che hanno un risultato comune: l’innesco di fenomeni recessivi, di contrazione del reddito disponibile, di impoverimento generale, dai quali non sarà facile, a meno di uno scatto, venir fuori in tempi brevi.
Eppure l’Italia è un paese ricchissimo, se pensiamo al valore potenziale di beni non riproducibili quali il suo patrimonio ambientale, artistico, culturale. Patrimonio che altri Stati, molto meno dotati, hanno saputo ben mettere a frutto, nel senso letterale del termine. Basti pensare all’immenso patrimonio di beni artistici nascosto negli scantinati di Soprintendenze e Musei o, anche, nei saloni e depositi di residenze private che non si sa come, o non si può, immettere nel circuito del turismo culturale. Credo basterebbe da sola, questa ricchezza nascosta e invisibile, a far la fortuna di un intero altro Stato, solo a valorizzarla. E per far ciò basterebbe una seria politica di finanziamenti con risorse attingibili da quelle che alcune regioni, Sicilia in testa, restituiscono ogni anno perché non spese alla Comunità europea. Basterebbe un’azione amministrativa leggera, dotata di un serio processo di verifica ex-post sui risultati raggiunti, per attivare una cospicua parte di investimenti pubblico-privato che, accompagnati da serie politiche promozionali internazionali, potrebbe generare interi flussi turistici e conseguente ricchezza indotta. Basterebbe pensare positivo e olisticamente. Ci vorrebbe una primazia del pensiero strategicamente globale, con una visione più ampia della semplice aritmetica: ci vorrebbe un pensiero più da architetti che da geometri o, se preferite, più da economisti che da ragionieri.
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