Dice Papa Francesco: «Basta chiese brutte e sgraziate in periferia».
Come non essere d'accordo; il problema quindi si sposta , oltre su chi le chiese progetta, su coloro i quali i progetti approvano, in primo luogo le Commissioni per l'Arte Sacra, le quali dovrebbero costituire un argine alle chiesecapannone. Solo che, anche in luoghi e ambiti che dovrebbero essere scevri da familismi e superficialità, spesso vige l'andazzo italiano: burocrazia, incompetenza, scelte di progetti e progettisti basate sulla capacità di ottenere fondi. E allora ecco le chiese scatolone, quelle capannone industriale, quelle a carciofo rovesciato. Per fortuna non solo questo e, su tutte, per citare un esempio del passato ed uno recente, mi vengono in mente la Chiesa sull'autostrada di Giovanni Michelucci e la Dives Misericordiae di Richard Meyer che, tra l'altro, cattolico non è. Eppure è stato capace di commuovermi, fino alle lacrime, con la sua spazialità, con il suo controllo della luce, con la sua capacità di creare un misticismo intriso di alta tecnologia. Dovremmo ripensare al modo di costruire, dovremmo ritornare all'architettura fatta di spazio e luce e non di codici e commi. Perchè, se non sapremo a questo ritornare, non serviranno le commissioni che gli artisti hanno chiesto al Papa. E poi, non sono le commissioni che determinano l'architettura. Essa viene determinata dalla capacità di tradurre in segno l'emozione, facendola leggere agli altri.