Sono al bar e il cameriere mi si avvicina appellandomi "mister...desidera qualcosa?". Già, mister, a farci caso quest'appellativo anglosassone me lo sento (ce lo sentiamo) rivolgere più volte al giorno. Dal parcheggiatore al commesso al ragazzo del bar, per dire. E mi chiedo perché usare l'anglismo quando esiste la parola italiana più adatta, "signore". Mi chiedo anche perchè lo stesso non avvenga con le donne: non mi è mai capitato sentire chiamare, in occasioni simili a quelle descritte "miss" una signora. Penso, sbaglierò, che ciò possa dipendere da una componenete sociologica e antropologica del maschio: il soggetto che è preposto a "servire" qualcuno tenderebbe a non riconoscere in questo qualcuno , di estraneo, casuale, una entità capace di dargli un ordine, sia pure quello di un semplice caffè e perciò, per non dire "signore" (a torto ritenuto elemento di sudditanza), preferisce rifugiarsi nel comodo anglismo che, oltretutto, crede gli dia un "tono". Non accade con le donne forse perchè c'è una sostanziale e ancestrale convinzione di superiorità (anche di galanteria per certi versi, quella che tende a non riconoscere ruolo e funzioni nell'uso dell'appellativo) del maschio italiano rispetto alla donna e quindi, anche appellandola "signora", non ci si sente in stato di inferiorità. Ecco questa sarebbe una battaglia linguistica e di civilità: non aver paura delle parole italiane usate in modo corretto, altro che sindaca, ministra e cazzatelle varie.