FLAT TAX _ HIGH CONSENT

Quando si vuole conquistare il consenso delle persone, specie quando questo può coincidere con un aumento del consenso elettorale (e tra poco saremo chiamati nuovamente alle urne), la cosa più semplice è quella di promettere un abbassamento della pressione fiscale. Molte forze politiche, in questi anni, hanno seguito questa strada e gli ultimi provvedimenti promessi ed emessi non fanno eccezione. Peccato che poi, puntualmente visti i saldi globali del sistema economico italiano, arrivino le reprimende di Europa, FMI, OCSE e chi ne ha più ne metta. In effetti ci viene solo #ricordato che esistono le cosiddette “clausole di salvaguardia” che prevedono un corposo aumento delle aliquote IVA se, come sta accadendo, il nostro debito pubblico dovesse ancora crescere e i dati del PIL diminuire. Ora tutto sta nel vedere se questi ipotetici aumenti IVA sono capaci di creare il ciclo positivo necessario a far invertire positivamente la rotta dell’economia italiana. Bene …non tanto…; numerosi studi economici (oltre che l’esperienza pratica di questi anni) dimostrano che l’aumento delle aliquote IVA -in genere della pressione fiscale, in Italia già al 60-65%- in una economia depressa causa effetti del tutto opposti: riduzione dei consumi in dipendenza della diminuzione generale del potere di acquisto, riduzione conseguente della propensione agli investimenti e alla produzione, diminuzione dei posti di lavoro e, dulcis in fundo, un corrispondente aumento dell’evasione oltre che del malessere della popolazione. Non trascurerei l’aumento dell’economia sommersa praticata dalle organizzazioni criminali. Allora sembrerebbe logico -come in effetti fanno le azioni e proposte dell’attuale governo- operare in senso contrario. La flat tax parziale, l’esclusione dal campo IVA già introdotta per alcune categorie e il reddito di cittadinanza sembrerebbero andare in questa direzione, però solo per una parte della popolazione, con il rischio di far esplodere il debito pubblico ridando fiato a quelle voci internazionali che vorrebbero che le aliquote IVA aumentassero; nell’attuale situazione, ove ciò si verificasse, ci ritroveremmo molto vicini all’effetto Grecia, che lo stesso Juncker ha giudicato ingiusto, visto che il valore complessivo del sistema Paese, specie le eccellenze industriali oltre che il patrimonio immobiliare, andrebbero incontro ad una sostanziosa svalutazione e quindi più facilmente aggredibili da parte della speculazione internazionale. Dato anche questo da non trascurare. Allora cosa fare? Visto che siamo all’Università di Facebook, per una volta -per divertimento ma non c’è molto da ridere- proverei a lanciare una proposta: partendo dagli studi di Laffer e posti più efficaci controlli per contrastare l’evasione e indebiti arricchimenti, valuterei al contrario una drastica riduzione delle aliquote IVA. Gli effetti sarebbero l’immediato aumento del potere di acquisto delle famiglie; seguendo Laffer, ciò dovrebbe produrre una riduzione della convenienza all’evasione, l’aumento dei consumi, della produzione e della propensione agli investimenti quindi dei posti di lavoro cose che, queste si, compenserebbero in buona parte, se non addirittura in positivo, la riduzione del gettito. Faccio un esempio: se una famiglia spende mediamente ogni mese 1500 euro, ad aliquota attuale significa che il suo potere d’acquisto reale ne vale 1230. Con un’aliquota per esempio del 15% ne varrebbe 1304, con un aumento mensile di 74 euro, il 6 % in più! Non è forse questa una sorta di flat-tax veramente flat? Certo, si potrebbe anche pensare di mantenere invariate le aliquote per il cosiddetto mercato del #lusso che in questi anni pare non abbia particolarmente sofferto, in ciò mantenendo la progressività di contribuzione prevista dalla nostra Costituzione. Aspetto smentite, reprimende e insulti ma ricordo che stavo solo scherzando.

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