Sacrifici, crescita e l’ansia collettiva

I telegiornali ci rilanciano notizie su sacrifici, tasse e balzelli, misure per la crescita, con il risultato di elevare all’ennesima potenza l’ansia collettiva, un disagio diffuso in tutti i settori della Società, notizie  tutte  basate su ipotesi e  congetture essendo il Governo e i partiti sinora più che abbottonati sulle misure che verranno prese  da qui a qualche ora.  E però alcuni dati di base sono certi, come quello che alcuni settori della Società hanno sempre pagato il dovuto allo Stato e altri meno, alcuni hanno avuto una qualche forma di tutela e ristoro rispetto alle conseguenze della drammatica crisi che viviamo e altri no. Con diversificazioni all’interno delle stesse categorie: per esempio, nel mondo degli impiegati tra quelli della grande industria e delle grandi imprese e quelli delle più piccole, tra i lavoratori a tempo indeterminato e quelli sotto regimi di varia, chiamiamola, flessibilità.

La cosa che stupisce, almeno me che ragiono di economia come ogni italiano si sente allenatore della Nazionale di calcio, è che proprio i settori che sono stati, e da sempre, i più tutelati -la grande industria-  sono quelli che più chiedono che i sacrifici, inevitabili, li facciano soprattutto gli altri. Voglio ragionare del settore edilizio, in quanto comparto economico. In tre, quattro anni la  perdita di fatturato del settore è stata del 30-35 %. Significa la  perdita  di migliaia di posti di lavoro, di esperienze e know-how diffuso che, se sommato alla perdita di valore complessivo dei beni immobili, raggiunge cifre da capogiro.

Come ho già avuto modo di sostenere il mondo delle professioni, nel suo complesso, ha già pagato un tributo doppio alla crisi, una volta per il crollo dei fatturati, una volta perchè molte di queste hanno dovuto sostenere, erogando comunque i servizi, la crisi di liquidità dei propri clienti. Vale soprattutto per quelli legati al mondo dell’edilizia nel suo complesso.

E’ un fenomeno non solo italiano, riguarda certamente buona parte dell’Europa.  Sono però diversi, tra l’Italia e l’Europa, i modi di affrontare questa crisi che è sistemica.

In italia si prefigura, stando alle indiscrezioni, un ulteriore appesantimento dell’imposizione e dei sacrifici per il settore, vedi la reintroduzione dell’ICI o IMU che sia, l’aumento, dell’Iva, il generalizzato aumento della tassazione e della contribuzione che non potrà avere che pesantissimi effetti sull’intero comparto. I professionisti oltre a questo sconteranno, anche se ormai poco è rimasto, l’effetto di pseudo liberalizzazione delle misure varate a Tremonti che daranno il definitivo colpo di grazia. Tutto questo senza che si intravvedano, al momento, misure compensative per rilanciarlo questo settore, e dire che l’Italia ne avrebbe assoluto bisogno come le cronache recenti e passate dimostrano. Dicevo in Europa si fa diversamente, per esempio in Inghilterra il Governo Cameron ha predisposto un piano di 400 milioni di sterline per il rilancio dell’edilizia pubblica, capace di riattivare almeno 32000 posti di lavoro, con tutti i benefici collaterali del caso.

Non sono un economista ma mi pare che non occorra esserlo per capire che, almeno per questo settore, i sacrifici che dovrà sopportare saranno del tutto inutili perché, stando così le cose, 500000 e passa professionisti e migliaia e migliaia di lavoratori del mondo edile, salvo poche eccezioni, sono destinati a una veloce e dolorosa fine. Senza ammortizzatori sociali.

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