Il Presidente Napolitano, con una recente nota, ha sollecitato le Imprese a aumentare gli investimenti nel Paese, specialmente nel Sud che, paradossalmente, proprio per i suoi ritardi infrastrutturali, le sue carenze in termini di servizi, la necessità di rimetter mano ad una manutenzione del territorio, rappresenta un bacino capace di accogliere e generare grandi risorse. In sostanza, è opinione abbastanza condivisa che non ci potrà essere sviluppo dell’Italia, se non parte una poderosa operazione di riequilibrio economico tra le due aree del Paese. Che poi il Centro Sud -la Sicilia in particolare- rappresenta una formidabile piattaforma logistica per la penetrazione delle aziende italiane nel bacino del Nord/centro Africa e medioriente, il quale sappiamo essere il mercato, ambito, prossimo venturo. Non è un caso che fondi sovrani cinesi da tempo esprimano interesse a forti investimenti nella nostra Regione.
Sembra un quadro, positivo per reali possibilità, al quale però manca l’importante cornice di un adeguato sistema normativo-regolamentare e di un personale burocratico adeguatamente motivato che ne garantisca l’efficiente attuazione.
Non voglio qui fare esempi di questa peculiare carenza –ve ne sono talmente tanti da essere ormai patrimonio di conoscenza collettivo- che è uno dei motivi principali della mancata crescita economica che affligge l’Italia, il Sud in particolare da ormai troppi anni, insieme all’eccessivo carico fiscale appunto dovuto a uno Stato inefficiente, alla pervasività della politica rispetto alle dinamiche di sviluppo meritocratico ( corruttele, raccomandazioni, favoritismi più o meno interessati…) alla presenza di un ancora troppo forte malavita organizzata che destabilizza oramai dall’interno il sistema economico e delle relazioni.
Ecco, nella situazione attuale ,dove raramente vi è certezza sulla fattibilità e sui tempi degli investimenti, credo difficilmente potrà esserci quell’impulso auspicato da Giorgio Napolitano, anche perchè il Decreto Salva Italia di montiana fattura, al momento, è intervenuto purtroppo solo sull’aspetto ragionieristico dei conti dello Stato, cioè a dire con una caterva di tasse e balzelli che, se non adeguatamente controbilanciati da riforme importanti sul fronte dello sviluppo, avranno –è ovvio- effetti devastanti sull’economia reale di cittadini, famiglie , imprese.
Quindi non si capisce, almeno non capisco io, il perché del martellamento politico-mediatico sulle cosiddette liberalizzazioni, per i taxisti, le farmacie… per i servizi professionali, i quali sistemi tuttavia hanno urgente necessità di rinnovarsi e alcuni ci stanno provando seriamente, quando ben altri privilegi e altri handicap del Paese non sono stati, ancora, affrontati.
Se parliamo di specchietto per le allodole, le cosiddette liberalizzazioni mi sembrano al momento abbastanza luccicanti, almeno stando ai risultati: la solita CGA di Mestre ha valutato l’impatto delle liberalizzazioni di bersaniana memoria sulle nostre tasche rilevando che, tranne che per i servizi di telefonia, i costi energetici, assicurativi, bancari ecc. sono semplicemente esplosi dopo la famosa lenzuolata …
C’è, perciò, da stare bene attenti e sperare che questi importanti “tecnici professoroni” oggi al governo per salvare la Patria abbiano ben chiari, più di quanto finora hanno dimostrato, quali siano i nodi da sciogliere per liberare le vele del Bel Paese.