Professioni e nuovi mercati

Qualche giorno fà il Presidente dell’Associazione dei costruttori regionale in una lunga intervista citava il grave stato di disagio in cui versano le imprese per effetto del lungo stallo nella realizzazione di opere pubbliche, del prolungarsi, oltre ogni misura, dei tempi di pagamento dei (pochi) lavori fatti, delle mille e mille incombenze burocratiche che costituiscono, oltre che una  importante  voce di costo nei bilanci delle imprese, un blocco della capacità di spesa delle Amministrazioni che ci porta a restituire Fondi già erogati e a perderne di nuovi. Ovvia la conseguenza della perdita di migliaia di posti di lavoro e conseguente l’osservazione che, continuando così le cose, alle Imprese non resterà che spostare le loro attività fuori d’Italia. Subito dopo i TG ci hanno informato sulla visita di un gruppo di operatori siciliani nei Paesi del Nord Africa dove già una certa fetta di imprenditori ha spostato alcune attività godendo di condizioni insediative molto favorevoli.

Nessuno dice che questo pesante stato di disagio interessa, allo stesso modo ma con minori possibilità di difesa, il mondo della professione tecnica e della professione in generale. Per  esempio, al XXX Congresso Nazionale Forense il Presidente della Cassa Nazionale di Previdenza della categoria ha denunciato  come le scriteriate azioni dell’ultimo Governo di centro-sinistra, cui si sono aggiunte e la difficile congiuntura economica e le troppo blande iniziative dell’attuale Governo, hanno comportato un sensibile decremento della capacità reddituale degli avvocati. Lo stesso accade, in maniera più evidente anche se con scarsa pubblicizzazione, per gli architetti ed ingegneri i quali, dati alla mano, hanno avuto i redditi falcidiatati  di parecchie unità percentuali. Si stà formando, in sostanza, una classe di nuove povertà fatta da larga parte di quel ceto medio cui appartengono i lavoratori della conoscenza senza che questo porti ad un incremento di ricchezza delle classi più disagiate, anzi, si stà incidendo negativamente sul patrimonio di conoscenza e di capacità di innovazione della Nazione. E se timidi segnali l’attuale Governo ha lanciato circa una revisione dell’attuale situazione, quali l’approvazione di alcune aperture  in materia professionale (commercialisti e, forse, avvocati) ovvero la recentissima approvazione in Consiglio dei Ministri del cosiddetto Piano per il Sud – da verificare  se solo virtuale o reale- l’irresponsabilità dell’attuale situazione politica rischia di mettere tutto in discussione e di riportare le lancette nuovamente indietro.

Non basta quindi la denuncia ma occorre rimboccarsi le maniche e trovare nuovi sbocchi. Per esempio l’allargamento strutturale del bacino di mercato verso il nordafrica è, a mio avviso, un’azione intelligente se privata della sua aura ricattatoria, soprattutto se la Regione, lo Stato, le Organizzazioni di categoria, sinergicamente si impegnassero a favorire, con azioni concrete, la creazione di occasioni di lavoro e partnership in questi mercati dove i parametri di qualità che l’Italia ancora riesce ad esprimere possano essere valorizzati.

Le organizzazioni ordinistiche, se aiutate, possono avere un importante ruolo in questo processo; alcune lo stanno già facendo sia pure con mezzi molto limitati e ovvie difficoltà. Sapendo beninteso che ciò sarà inutile se  nel nostro Paese non ci sarà rapidamente una totale inversione di tendenza.

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