Le statistiche confermano che la richiesta del mercato edilizio della casa è cambiata in ragione di numerosi fattori: il raddoppio dei costi al mq. dovuto all’avvento dell’euro, l’evoluzione costante sulla dimensione familiare sempre più contratta, la necessità di ridurre i consumi energetici sia per ragioni di sostenibilità che di contenimento dei costi unita al rientro di numerosi nuclei nel centro cittadino dopo essersi spostati nell’hinterland metropolitano, i nuovi stili di vita ( si pranza meno spesso a casa), hanno creato una evoluzione nelle richieste/preferenze dimensionali degli alloggi così come nelle forme di finanziamento per l’accesso alla proprietà. Gli alloggi più richiesti sono quelli di tre vani, seguiti da quelli a due e solo al terzo e quarto posto vi sono quelli da quattro o cinque e più vani, mentre oltre il settanta percento degli acquirenti, diversamente da quanto avveniva qualche anno fa, ricorre a un mutuo per l’acquisto.
La contrazione delle dimensioni medie degli alloggi deve quindi ragionevolmente portare il mercato edilizio verso una rielaborazione delle loro tipologie distributive e funzionali che, riducendosi la superficie disponibile, dovrebbero garantire maggiore efficienza e flessibilità funzionale.
Questa risposta può venire, ed essere tale, se si avvia una seria ricerca e sperimentazione progettuale cui devono concorrere diversi attori: prima di tutto i progettisti, che in fondo non devono far altro che il loro mestiere, poi le imprese che di questa ricerca devono essere, nel loro stesso interesse, attive promotrici. Perché le condizioni del mercato indirizzano il ragionamento verso una qualità prestazionale sicuramente diversa rispetto a quella oggi comunemente offerta. Gli edifici del nostro tempo devono dare risposte in merito alla questione delle prestazioni energetiche, attive e passive, dell’ottimizzazione del fabbisogno idrico, sulla gestione dei rifiuti, sulla salubrità indoor, così come sulla piacevolezza dell’abitare che può e deve riguardare, oltre che la fondamentale questione estetica, anche il favorire forme di socializzazione ed integrazione.
In questa direzione per esempio potrebbe agire un nuovo, diverso Piano Casa, che favorisse la sostituzione di parti di città obsolete, strutturalmente pericolose, energivore, con nuovi insediamenti nei quali una quota della premialità dimensionale fosse destinata all’housing sociale e a spazi per la socializzazione dei residenti.
L’industria, per altro, ci offre nuove opportunità e nuovi materiali con cui accompagnare questa indifferibile rivoluzione, cementi trasparenti, componenti ad alta efficienza energetica e biologica, dispositivi di protezione sismica e tant’altro. Avremmo quindi quanto ci serve per rinnovare il Paese.
Ma tutto questo non potrà avvenire se non c’è una seria presa di coscienza da parte della Politica – Governo ed Amministrazioni- che devono cambiare atteggiamento. Non basta infatti inventare nuove sigle ( DIA, SUPERDIA, SCIA) per realizzare “finte” liberalizzazioni e semplificazioni, che spessissimo non fanno altro che complicare i processi amministrativi e decisionali. Bisogna che le regole siano poche e certe, anzi certissime, e bisogna soprattutto che siano univocamente applicate; occorre venga restituita centralità e autorità alla cultura del progetto che appartiene tanto ai liberi professionisti quanto ai tecnici impegnati nella pubblica amministrazione.