Ma città orwelliana non è ideale

Italo Calvino, nel suo libro “Le città invisibili” descriveva delle città, dei luoghi, paradigma delle schizofrenie, dei desideri, delle debolezze e delle virtù umane. In queste città invisibili erano rappresentati anche i parossismi delle ideologie e del potere inteso come controllo della vita.

Città ideali ma non per questo sempre auspicabili.

Questa elegia del potere, ammantata dal “nobile” fine dell’ecologia e della sostenibilità, stà creando condizioni reali e concrete perché si realizzino delle città, delle comunità “ecologiche”, nelle quali la vita dell’uomo è subordinata ad una volontà superiore che ne vuole controllare tutti gli aspetti.

E’ in parte il caso di Masdar City negli Emirati Arabi, è ancor più il caso di PlanIt Valley vicino Oporto in Portogallo.

Quest’ultima sta per diventare una realtà concreta e si tratta di una città nella quale tutta la vita sarà controllata da super computers che “regoleranno” e controlleranno a monte la vita degli abitanti, dal consumo dell’acqua, a quello della elettricità, all’umidità , la stessa forma e tipologia delle case, tutte uguali ed esagonali, per risparmiare spazio.  Perfino i bambini saranno dotati di un braccialetto elettronico con il quale sarà possibile individuarne la posizione in qualsiasi momento.

Insomma un super computer deciderà se e quando si potrà fare una doccia o lavare l’auto, accendere le luci o il riscaldamento, certo anche come smaltire i rifiuti e farli diventare risorsa energetica.

A me francamente pare, sia pure con il dichiarato “nobile fine”, una sorta di nuova dittatura fondata sulla coercizione e non sulla condivisione e la consapevolezza.

Se è infatti necessario che i nostri comportamenti ed i nostri modelli di vita occidentali si indirizzino verso un più  ragionevole e ragionato uso delle risorse disponibili, mi spaventa l’idea  di ottenerlo attraverso il controllo puntuale dall’alto. Mi pare una limitazione delle libertà personali incompatibile con il libero arbitrio connaturato all’intelligenza e alla natura umana. Mi pare, perdonatemi la malignità, più la ricerca di un nuovo “affare” che, sfruttando una reale necessità, si concretizza nella ricerca di un potere politico-economico quasi assoluto, che interviene pesantemente nella sfera privata dell’individuo. Altro che Europa della liberalizzazione e del libero mercato.

Come potranno nascere “comunità” se la condivisione dei  principi sui quali queste fondano il loro essere avviene non per stratificazione e mediazione delle singole esigenze e culture ma per scelta asettica (?) di un  computer, sia pure super.

Come Jules Verne prefigurò navi capaci di andare sotto i mari Orwell ci mise in guardia  sul rischio di far controllare la nostra vita da entità astratte, fintamente neutre, ma in realtà al servizio di un potere tanto più pericoloso in quanto non immediatamente identificabile.

E’ quello che succede, ogni tanto, con le norme europee, che a volte vengono emanate senza tener conto delle specificità delle singole comunità e per questo distanti e disattese.

Una sorta di nuovo medio-evo iper-tecnologico  ma non per questo meno angosciante e pericoloso e che nulla centra con l’ambiente e la sostenibilità.

E poi un’abdicazione alle ragioni della complessità e della diversità che sono, da sempre, le ragioni dell’architettura e dell’urbanistica.

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