Quando ci si interroga sul ruolo dell’architetto nel XXI secolo bisogna necessariamente specificare che il quesito riguarda esclusivamente gli architetti e l’architettura in Italia. Non esiste infatti altro Paese, nemmeno in quelli che definiamo quarto mondo, dove la figura professionale sia altrettanto messa in crisi d’esistenza e d’identità.
Questa condizione di grave difficoltà non dipende dal destino cinico e baro, ma da una precisa e pervicace volontà economico-politica di creare le condizioni per cui le attività intellettuali, specie quelle tecnico-professionali, siano progressivamente rese subordinate agli interessi di grandi gruppi economici privi, per struttura e natura, di ogni fine etico e culturale, e ciò avviene anche attraverso lo strangolamento economico della categoria, fatto con vari sistemi.
Non esiste paese al mondo dove il rapporto tra professionisti architetti e popolazione, ad arte creato, sia di uno a 500 con l’immissione, ogni anno, di una massa di circa 10000 professionisti arrivando, ai giorni nostri, a circa 120000 architetti. Non esistono Paesi occidentali, orientali, sub sahariani od altro dove sia possibile, come in Italia, che altre figure, diverse dall’Architetto, possano gestire e governare le trasformazioni territoriali ed edilizie. Non ci sono altri Paesi dove esita una massa di Leggi, decreti, regolamenti confusa e gelatinosa come l’Italia.
Si, proprio quel Bel Paese culla mondiale dell’Architettura che ha dato i natali a Leon Battista Alberti, Michelangelo, Bramante, Vignola, che è stato culla del Romanico, del Barocco, del Razionalismo e che, malgrado tutto, ancora oggi è in grado di produrre talenti .
E’ stato creato ad arte un sistema universitario, da tutti riconosciuto come fallimentare, che ha spezzettato con le lauree brevi e improbabili suddivisioni di competenze una scienza per sua natura globale: snaturando così il ruolo e la funzione dell’Architetto che, in tutto il mondo e da sempre, è quella di progettare.
Oggi dobbiamo finalmente affrontare le questioni in maniera dura, decisa, senza più cercare compromessi al ribasso con una classe politica e di governo, ieri come oggi, non adeguata, che non ha esitato, qualche anno fa, ad interpretare falsamente le direttive europee, carte alla mano, pur di scardinare invece che innovare come necessario un sistema di regole e rapporti tra Professione e Società.
I risultati si vedono, in termini economici, con l’impoverimento e delle classi professionali e della qualità delle trasformazioni, i risultati si vedono anche nell’abbassamento della qualità formativa dei giovani, destinati comunque al precariato, salvo rari esempi.
Di questo si è discusso Venerdì a Taormina tra i Presidenti dei più importanti Ordini d’Italia; di questo, anche, si discuterà Venerdì prossimo nell’occasione del Premio Vaccarini.
E tuttavia anche la professione dovrà adeguarsi e cambiare sistema di ragionamento e contrattazione.
Non possiamo infatti ad ogni Convegno inscenare la replica di un film già visto, fatto di pur giuste lamentazioni, ma passare all’azione propositiva, rivendicativa, anche pensando ad azioni lobbistiche fatte da una nuova classe dirigente meno supina al potere politico e che ci metta la faccia.
Anche perché l’architettura non è degli architetti ma è per l’intera Società.
Tutto il mondo lo ha capito. Dobbiamo farlo comprendere anche all’Italia.