Vi lascio al meritato riposo estivo con una riflessione su due personalità dell’architettura italiana, per certi versi antitetiche e pur complementari.
Renzo Piano e Massimiliano Fucksas, che possono essere considerati tra i maggiori esponenti dell’architettura italiana, accomunati dall’esprimere le loro potenzialità in progetti internazionali, hanno un approccio totalmente diverso nell’essere architetti.
Piano esprime le sue idee quasi esclusivamente attraverso il segno, il progetto che deriva dalla silenziosa osservazione, che altro non è che il riversare le energie verso l’atto creativo responsabile, fatto meditativo e consapevole. Fucksas, vulcanico, roboante, sanguigno come lo sono le sue architetture, non esita a generare provocazioni e polemiche, come quando, da Direttore della Biennale d’architettura di Venezia, intese sovvertire i canoni progettuali imperanti attraverso il motto “ Less Aestethics-More Ethics” (meno estetica-più etica) rivolgendo l’obbiettivo della mostra dalla visione di semplici oggetti architettonici al generale contesto della città.
L’architettura di Piano è contraddistinta da un costante approfondimento/evoluzione, iniziato con la collaborazione con due mostri sacri del novecento italiano, Albini e Zanuso, da cui è partito per interpretare e sviluppare il razionalismo superandone i canoni da “Stile Internazionale” verso nuove forme architettoniche che sempre di più, negli ultimi anni, rivolgono uno sguardo attento e innovativo verso la sostenibilità ambientale ed energetica.
Un’architettura responsabile quindi, che non ha bisogno di esagerazioni formali e dimensionali per stupire e fare storia; la nuova chiesa dedicata a Padre Pio e la recente torre sul Tamigi a Londra ne sono due evidenti segni. Non a caso alcune delle maggiori opere di Piano sono costituite da ampliamenti di musei e library specie negli Stati Uniti, proprio per la sua capacità di innovare significativamente pur rispettando, anzi valorizzando, i contesti urbani e paesaggistici sui quali opera. Come nel caso del Centro Culturale di Noumea in Nuova Caledonia, una mirabile opera, unica nel suo genere, che può essere a mio avviso considerata vera e propria poesia architettonica.
Spirito che si ritrova anche nei progetti urbani come la riqualificazione di Postdamer Platz a Berlino, anche se in qualche caso, vedi il progetto delle aree ex-Falck a Milano, un’impostazione teorica basata sul binomio natura-tecnica può aver generato qualche rigidezza nella creazione di un contesto urbano socializzante.
Fucksas, al contrario, ha bisogno della sovraesposizione, anche mediatica, un modo per esprimere con veemenza la primigenitura dell’architettura (e del suo ego) sul modello di evoluzione della Società.
I suoi edifici sono spesso provocatori, a volte problematici, come la recente chiesa di Foligno, un cubo di cemento che sovverte i canoni fondanti dell’architettura religiosa e per ciò stesso in qualche modo geniale. Come geniale è il Museo della Pace a Jaffa in Israele, costruito su incarico di Peres e Arafat, un parallelepipedo sulla spiaggia fatto di strati, fatto di tempo e pazienza.
In sostanza se l’opera di Renzo Piano è caratterizzata da linea di costante evoluzione quella di Fucksas è fatta di episodi eclatanti, in linea con il carattere dei due personaggi, discreto e silenzioso il primo, debordante e urlante il secondo.