Tra le specificità che caratterizzano l’esercizio delle professioni vi è quella che deve contemperare una visione etica del lavoro da affiancarsi a quella economica. Significa che l’esercizio di un’attività professionale deve perseguire, credo prioritariamente, l’interesse generale prima di quello particolare.
E’ evidente come nel campo dell’architettura e dell’ingegneria la sicurezza, interesse generale, rappresenti uno tra gli aspetti più importanti. E’ quindi inevitabile che l’attività professionale sia posta in stretta relazione all’evoluzione delle conoscenze tecniche ed a queste si uniformi, anzi le stimoli, come spesso avviene.
Per alcuni anni si sono sviluppati gli studi sulla revisione delle norme tecniche per le costruzioni, con alterne vicende che sono giunte alla loro conclusione con l’entrata in vigore, nel giugno di quest’anno, del Decreto che instaura la nuova normativa antisismica. Al di là del fatto che l’entrata in vigore di questo Decreto ha avuto un’accelerazione repentina a seguito dell’evento catastrofico che ha recentemente colpito l’Abruzzo, questa norma riveste una particolare importanza perché, tra l’altro, consentirà di rendere applicabili una serie di nuove tecnologie, e materiali, già consolidate in altre parti del mondo, capaci di rendere effettivamente più sicure ed efficienti le costruzioni nel nostro territorio storicamente interessato da forti terremoti.
Non vi è dubbio che, grazie a questa norma, si potranno sviluppare costruzioni dotate di isolatori, smorzatori, che incrementeranno l’uso dell’acciaio strutturale o del legno piuttosto che dei materiali compositi, capaci di migliorare sensibilmente la risposta delle costruzioni alle forze sismiche. E non vi è dubbio che l’uso di questi materiali e tecnologie, porterà ad una evoluzione, credo utile, del modo di concepire i fabbricati anche dal punto di vista formale e funzionale. Una sorta di ventata positiva potenzialmente in grado di migliorare la qualità complessiva del patrimonio edilizio del nostro Paese, anche perché tenderà a favorire quei professionisti ed imprese che si adegueranno a questi più elevati standard qualitativi, riducendo quelle sacche di improvvisazione che, per troppo tempo, hanno caratterizzato il mondo dell’edilizia.
Tuttavia questo percorso, di per sé virtuoso, rischia di essere reso più difficoltoso dall’atavico vizio, tutto italiano, di trasformare i processi innovativi in adempimenti burocratici e formalistici. In sostanza in un processo nel quale la produzione esponenziale di “carte” e “documenti”, formalisticamente, più che sostanzialmente, dovrebbe garantire la qualità del processo. Non è un dato nuovo, anzi, ricordando solo per esempio le procedure relative alla sicurezza sul lavoro ed in particolare quelle relative ai cantieri.
Anche nel caso delle Norme Tecniche, si assiste ad uno spostamento di funzioni e responsabilità verso i professionisti, chiamati ad esercitare anche ruoli tipici degli organi di controllo burocratico o repressivo. Il dato è aggravato dal fatto che a queste aggiuntive funzioni non si accompagna la dotazione di mezzi e poteri per raggiungere gli scopi, rendendo così più difficile il conseguimento degli obbiettivi. Deve però confortare il fatto che gli Uffici preposti alla supervisione di queste procedure acquistano sempre più consapevolezza che dovranno trasformarsi in veri organi di consulenza più che di repressione, per favorire quell’evoluzione utile al sistema Paese.