Il riutilizzo degli edifici di pregio

Nei centri storici d’Italia esistono edifici di pregio, testimoni delle varie epoche che l’uomo e l’architettura hanno attraversato. Nati secoli o decenni fa per uno scopo ed una funzione, magari oggi non più possibile e per i quali si presenta spesso il classico dilemma: li conserviamo-mummifichiamo quali “oggetti” semplicemente da osservare quasi fossero un bel vaso, oppure, ricorrendone le condizioni, possiamo riportarli a nuova vita, restaurandoli, assegnando loro nuove destinazioni  compatibili con i loro valori intrinsechi?

Beh, non mancano esempi di come si possa riscoprire il valore spaziale e comunicativo di edifici storico-momumentali attraverso un loro diverso uso ed una intelligente ristrutturazione; basti, e solo per esempio, citare le  Scuderie Papali di fronte il Quirinale, che sono diventate un prestigioso museo visitato da migliaia di persone ogni giorno.

E’, in fondo, il caso che da mesi stà occupando la cronaca catanese a proposito dello “sfratto” dell’Istituto d’Arte  dalla sua sede storica nel settecentesco Collegio dei Gesuiti, e di cui si prefigura, per volontà del suo proprietario che poi è la Regione Siciliana, un riuso a Biblioteca Universitaria.

Nasce qualche perplessità. La più forte è legata al ricordo di alcune altre operazioni di “ rifunzionalizzazione” di edifici storici che i nostri Enti territoriali hanno tentato nel passato, anche recente: i casi dell’ex Manifattura Tabacchi e  dell’ex Carcere Borbonico, progetti partiti con grande clamore e spentisi nel corso del tempo, ci dicono che vi è il rischio di vedere un luogo, che per decenni è stato centro di vita, di arte,  di crescita, trasformato in un  eterno cantiere forse poi abbandonato, o mai iniziato. L’altro dubbio è relativo alla destinazione proposta, una Biblioteca: nei paraggi esiste già un’altra importate Biblioteca, ospitata nell’altrettanto importante complesso dei Benedettini, poi, è proprio così “utile” monotematizzare il centro storico a favore dell’Università? Oppure forse bisogna riflettere sul fatto, come evidenziato da Rosario Leone,  che una delle città più importanti del Meridione d’Italia, una città metropolitana, non ha una un Museo d’arte moderna degno di questo nome? Non è forse più compatibile, con la storia passata e recente del “Collegio” questa destinazione, comunque legata all’Arte, comunque portatrice di vita fluente “dentro” l’edifico storico? Dubbi su cui ragionare.

Quel che è certo  è che si tratta di uno dei più importanti edifici storici della Città, e, qualunque ne sarà la destinazione, bisogna augurarsi che sia possibile un suo uso anche come “luogo” urbano, soprattutto in tempi ragionevolmente certi e brevi, perché la collettività di tutto ha bisogno tranne che di un altro cantiere immobile che si andrebbe ad aggiungere ai tanti già esistenti, parcheggi, viabilità, ex palazzo delle Poste, ampliamento delle Ciminiere, e chissà quanti altri.

D’altronde è stato coniato il termine de “L’incompiuto Siciliano” a testimonianza di quanto siamo bravi ad immaginare cose ed a farle partire, stancandocene o abbandonandole subito dopo.

In fondo tutta questa questione ha sempre un’origine: la presunzione, che sono certo non appartiene alla nostra Soprintendenza,  di poter gestire la Città, materiale ed immateriale, come una sommatoria di singoli episodi  e non come un delicato organismo da accudire, conservare, modificare… con misura.

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