Il Capo dello Stato, nei suoi ultimi discorsi, non perde occasione per indicare alla classe politica ed al Paese la necessità di procedere ad un rinnovamento tanto rapido quanto concertato del sistema organizzativo del sistema Italia.
Lo stesso capo dell’opposizione, di fronte al poco decoroso spettacolo di Procure che si scontrano, ha aperto una possibilità di dialogo sulla riforma della Giustizia. Opportunamente però chiede che questa riforma venga discussa e fatta con il concorso di tutti gli attori , classe politica certamente, ma anche magistratura ed avvocatura. Più che giusto se consideriamo che le riforme non si possono fare senza il concorso dei principali referenti o , addirittura contro di questi. Possiamo immaginare che la posizione di Veltroni non sia solo la sua personale ma rappresenti quella ufficiale del suo movimento. Movimento che include gli stessi uomini e buona parte dell’idea politica che era al governo nella scorsa legislatura.
La stessa che, per mano di un suo autorevole esponente, l’allora Ministro Bersani, non esitò un attimo, nello spazio di una notte estiva, a stravolgere o almeno ci provò, il sistema delle libere professioni italiane con un provvedimento autoritativo, per nulla concertato, cui seguì l’assoluto rifiuto ad ascoltare le ragioni di un diffuso dissenso, più sul metodo che sul merito, che le professioni poi esplicitarono in una grande manifestazione di protesta, più unica che rara per i soggetti che la attuarono. Forse si è compreso l’errore ed è positivo che oggi si voglia attuare un metodo diverso.
Ora, che le azioni governative, negli ultimi anni abbiano perseguito, ci auguriamo non consapevolmente, lo smantellamento delle professioni liberali, camuffandolo per rinnovamento, è cosa ben nota e sulla quale anche questa rubrica è più volte intervenuta.. Che però queste azioni possano in qualche modo provenire dalle organizzazioni rappresentative di questo mondo è fatto inusuale ancorché autolesionistico.
Mi riferisco al proposto aumento delle contribuzioni pensionistiche per ingegneri ed architetti, giustificate da cosiddetto vincolo di sostenibilità, della capacità cioè di garantire, da parte di quest’Istituto, l’erogazione delle prestazioni per i prossimi decenni. Perché gli iscritti aumentano esponenzialmente e, contemporaneamente, diminuiscono i redditi medi dei singoli professionisti. Certo, un calcolo semplicemente ragionieristico dà come soluzione quello di aumentare gli oneri contributivi ma, da parte di gente capace di progettare, ci si potrebbe aspettare una visione più articolata. Per esempio sensibilizzando la classe politica e la Società civile, sull’utilità generale nel garantire un adeguato riconoscimento economico delle attività libero-professionali e la possibilità di accesso alle risorse per l’innovazione; come pure l’inutilità, se non la sconvenienza generale, dell’immettere sul mercato una grande quantità di professionisti di basso livello, quale può determinarsi dalle lauree triennali. Ciò avrebbe l’effetto di migliorare la capacità reddituale e quindi contributiva dei professionisti tecnici e nel contempo elevare la qualità complessiva dei servizi che questi possono offrire. Ciò che renderebbe non necessario, o almeno più accettabile, l’incremento degli oneri contributivi che, nell’immediato, hanno per effetto una maggiore difficoltà nel garantire la possibilità dell’esercizio professionale, specie nei soggetti più deboli.