Ci risiamo. Come una stella cometa che periodicamente ripassa sulle nostre teste a ricordarci l’infinito ed il mistero del cosmo, periodicamente riemergono le lamentele, i fondamentalismi, le intolleranze verso quello che viene considerato, a torto, un corpo estraneo alla città.
E, periodicamente, non ci stancheremo di difendere, di sostenere, una delle poche opere di architettura contemporanea degna di questo nome che il secondo Novecento ha lasciato nella città.
Si addebita a questo luogo-monumento esser elemento di degrado, di sporcizia, ricovero di malfattori, in realtà dimenticandosi che responsabile di questo, a volte reale, disagio non è il luogo-monumento in sè, bensì la pluriennale incuria, mancanza di custodia , mancanza d’uso, in una parola mancanza d’attenzione ed amore da parte delle Autorità che dovrebbero curarlo.
In fondo è come colpevolizzare non già un abbietto stupratore ma la donna vittima della violenza che ha la colpa di essere donna, magari e per di più eventualmente bella.
Dicevo un corpo estraneo. Forse lo è sul serio: estraneo ai principi dell’evoluzione culturale ed architettonica, estraneo ad una città ufficiale fatta di piccole beghe, di grandi favori, di cultura un tanto al chilo e che magari accoglie ed osanna vere e proprie nefandezze in falso storico, in finto barocco.
Eppure i problemi che creano il disagio sono reali e conosciuti; tanto reali e conosciuti quanto reale e riconosciuta a livello nazionale la qualità architettonica del luogo-monumento.
L’Istituto In/Arch di Sicilia ed l’Associazione dei costruttori edili della provincia si erano offerti, negli anni passati, di occupare, occuparsi ed accudire il luogo-monumento. Lo volevano rendere sede di dibattito ed esposizione dei fatti architettonici che riguardano la città e la cultura. Erano riusciti a strappare anche un’intesa con la precedente Amministrazione Comunale, purtroppo e naturalmente rimasta lettera morta, perchè non vi è migliore antidoto al degrado che il presidiare, culturalmente e fisicamente, certi luoghi.
Ed allora, in una città che non riesce del tutto a svincolarsi dal suo provincialismo falsamente perbenista, si levano alte le voci di chi vorrebbe “uccidere” un luogo-monumento rivoluzionario e geniale, come in quei processi per stupro di qualche anno fà dove venivano ribaltati i ruoli della vittima con il colpevole.
D’altronde, è ben magra consolazione, non è che da altre parti d’Italia si stia meglio.
Basta pensare alle ville palladiane disseminate nel Veneto, patrimonio dell’Unesco e paradigma dell’Architettura mondiale, circondate ed aggredite da capannoni industriali, da guard-rail di metallo, dove è stato distrutto il paesaggio circostante che era una componente essenziale, al pari dei muri delle colonne e dei capitelli, della maestria di Andrea Palladio.
L’Italia, la Sicilia non da meno, è uno strano Paese. Possediamo il più importante patrimonio storico, artistico e paesaggistico del mondo, in fondo un tesoro-risorsa potenzialmente più grande del petrolio perchè non esauribile, ma purtroppo distruggibile, e ci comportiamo come se invece di essere ricchezza da coltivare fosse un ostacolo, un problema. E ci facciamo ridere dietro o bacchettare dai grandi giornali ed opinion -leader stranieri. Vedi The Art Newspaper e l’inchiesta di Edek Osser.
Ma forse non siamo ancora tutti pronti ad essere cittadini del nostro tempo.