Leggi urbanistiche e potere di freno

Sono stato dal mio commercialista per i periodici briefing sull’andamento fiscale e finanziario e, come oramai spesso accade, il discorso è scivolato dalle troppe tasse e dalle turbolenze del momento economico, alle difficoltà del lavoro. Pur operando in settori diversi ci siamo trovati a lamentarci, e consolarci, per le stesse cose: farraginosità delle procedure, norme incongruenti, interpretazioni fantasiose, uffici più o meno inefficienti; le solite cose in fondo.
Qualcuno direbbe mal comune mezzo gaudio; vero, ma quanto e a chi costa tutto questo?
Costa secondo me molto, e non soltanto ai diretti interessati. Paga, a caro prezzo, l’efficienza del sistema Paese che, non favorendo l’attività economica, diventa poco appetibile per gli investimenti.
Anzi scoraggia anche quelli già posti in essere ed addirittura è causa di diseconomie dannose.
Le normative tecnico-urbanistiche ne sono un classico esempio; le procedure di autocertificazione che sono state disposte per le Concessioni edilizie o per il rilascio delle certificazioni di agibilità, a secondo del Comune dove vengono applicate , possono trasformarsi in una ulteriore produzione di carte e documenti aggiuntivi a quelli relativi alle procedure standard;
Uno strumento urbanistico la cui progettazione ed approvazione comporta tempi di solito lunghissimi e problematici può essere messo in crisi da un’autorità monocratica e sovraordinata che in nome di una Valutazione Ambientale Strategica può deciderne variazioni senza alcuna possibilità di verifica.
Mettiamo ancora che delle Leggi in vigore consentano certi tipi di realizzazioni o attività. Se qualche funzionario ritiene tali Leggi sbagliate e gli passa per la testa di non applicarle o vuole applicarle secondo una personale interpretazione, se vuole lo fà punto e basta. Sembra assurdo? Vi assicuro che non è così.
A quel punto o ti adegui o ti si apre un processo infinito di ricorsi, pareri e contro pareri che può durare anni; nel frattempo l’attività economica può andare, per dirla con linguaggio aulico, a puttane. Perchè il ricorso alla Giustizia, sia essa civile o amministrativa, richiede tempi biblici. Lungaggini che certificano una sorta di impunità virtuale per funzionari infedeli o più semplicemente impreparati. Che proteggono operatori economici poco corretti, che utilizzano l’arma della lentezza dei procedimenti legali per operare veri e propri furti di risorsa-lavoro, il che rende incerto il diritto alla libera iniziativa, e scoraggia chi, ed è la maggioranza degli operatori, vuole lavorare onestamente e nel rispetto delle Leggi.
Ecco perchè è necessaria una riforma del sistema normativo e giudiziario. Non, come qualcuno sostiene, per vendicarsi della Magistratura, ma per consentire a questa di essere rapida ed incisiva, cosa che può fare se si basa su un apparato di Leggi il più possibile chiaro e semplice, con norme scritte in modo comprensibile ed univoco, e che si basa su uffici e personale adeguati e dimensionati per garantire quest’efficienza.
Nell’attuale Governo vi è un Ministro per la semplificazione che, si dice, taglierà settemila Leggi.
Dobbiamo augurarci che oltre a tagliarle possa rendere di immediata e chiara attuazione le molte altre che rimarranno, restituendoci quella certezza del diritto, ed anche dei doveri, che è il fondamento della crescita di una società, anche dal punto di vista economico.

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