Parte l’ultima missione dell’arredo urbano: la piazza perduta

Il termine “piazza” è, da sempre, associato al senso di luogo spazioso per lo più circondato da edifici. La “piazza” ha sempre assolto a varie funzioni della vita sociale, partendo dalle agorai greche o dai fori delle città romane fino alle piazze rinascimentali, per diventare, durante il barocco, un “interno urbano”, una stanza a cielo aperto le cui pareti erano costituite dagli scenografici prospetti dei fabbricati di margine.
In epoche recenti, con il moltiplicarsi dell’offerta di spazi e luoghi di incontro, in più di un caso le piazze hanno perso un po’ del loro valore per diventare spazi di risulta, contornate da edifici anonimi, spesso grandi e disordinati parcheggi che hanno invaso anche luoghi storici.
Tuttavia (i corsi e ricorsi storici insegnano) i valori dimenticati ritornano, ed anche in Italia si tenta una riappropriazione, attraverso progetti di riqualificazione, di questi luoghi storici o contemporanei che siano.
Non sempre però si ha consapevolezza del fatto che, perché uno spazio possa definirsi e funzionare come piazza, occorre che gli elementi che lo compongono siano tra loro in sinergia ed equilibrio.
Prima di tutto i margini, gli edifici che lo delimitano, i quali costituiscono la scenografia che ha un notevole ruolo di caratterizzazione, poi l’articolazione stessa dello spazio aperto che deve consentire lo svolgersi delle funzioni proprie, che variano in dipendenza della collettività cui si rivolge.
Ad esempio, Piazza del Campo a Siena non potrebbe che essere lo spazio che è, vuoto, in cui l’arredo e la caratterizzazione sono affidate alla trama del pavimento, che dialoga con le asimmetrie della sua forma e con le tessiture delle facciate storiche che vi si affacciano; viceversa una piazza contemporanea deve assolvere a funzioni diverse e contenere attrezzature e spazi che consentano il riunirsi, il godimento estetico per le viste che offre, il poter soggiornare all’ombra od in pieno sole, fruire del verde, prezioso in termini di controllo del microclima e della qualità dell’aria.
Recependo queste istanze, questa volta tra le prime, la nostra Città ha avviato un processo di riqualificazione delle proprie piazze, sia storiche che contemporanee. Alcuni risultati non possono dirsi entusiasmanti: ad esempio la riqualificazione di Piazza Università (antesignano esempio di urbanistica dell’emergenza e della sicurezza) ha modificato il luogo barocco da megaparcheggio a spazio vuoto, quasi “dechirichiano”, in cui l’assenza dell’arredo urbano e del sistema del verde, ne rende difficile l’uso quotidiano. Forse un eccesso di timore reverenziale verso le architetture barocche, forse una carenza di pensiero architettonico, hanno precluso la realizzazione di quel minimo di struttura necessaria alla vita della piazza. Anzi, proprio il vuoto assoluto sul basalto lavico della pavimentazione, nel periodo estivo, rende questo spazio eccessivamente caldo a causa dell’irraggiamento indotto dal calore accumulato per l’insolazione.
Nuove realizzazioni attendono la Città, ma, questa volta, le scelte progettuali saranno fatte attraverso un Concorso internazionale di progettazione; avremo così dimostrazione, mi auguro, che esiste un altro modo di pensare e ripensare gli spazi pubblici, attento al “genius loci” ma consapevole che la Città è un organismo vivente ed in continua evoluzione.

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