Spesso abbiamo letto o ascoltato paragoni tra Catania e Barcellona. Per la verità più spesso per avallare, attraverso l’esperienza della città catalana, alcune scelte e soluzioni mutuate dai nostri amministratori; scelte ancora oggi praticamente virtuali perché ancora poco conosciute nella sostanza ed inesistenti dal punto di vista realizzativo.
Vi è da dire che i paragoni sono giustificati: non poche sono le similitudini tra le due città costiere, ambedue strette tra il mare e la montagna ( di più la città catalana); ambedue con l’identico problema della negata fruizione del tratto di costa su cui si affacciano - problema risolto a Barcellona; ambedue con una trama urbana tutto sommato regolare, di epoca settecentesca e ben delimitata quella catanese , ottocentesca ed a tappeto diffusa nella città spagnola.
Con una grande diversità nelle risposte da parte dell’Amministrazione pubblica. Barcellona è la città più “disegnata”d’Europa; attraverso il disegno, quasi maniacale, dei suoi spazi e dei suoi edifici, la città catalana ha cercato il suo riscatto dopo il periodo buio della dittatura franchista ed ha cercato forse anche il riscatto rispetto ad una maglia urbana ad isolato ossessivamente ripetuta dal Plan Cerdà, inserendo nel tempo episodi di singole architetture contemporanee da “grandi firme” e nuovi assetti urbanistici verso il mare come l’ormai mitico “water-front” degli anni novanta concluso dal più recente, e forse meno convincente, intervento del Forum. Città disegnata non solo negli spazi ma anche nel modello organizzativo; l’Amministrazione tende a disegnare un modello d’uso della città secondo schemi di decoro talmente rigidi per cui vengono di fatto limitate alcune modalità d’uso libero dei suoi spazi. E’ forse questa un’esagerazione che non gioverà alla creatività complessiva della società e rischia di diventare una sorta di dittatura del design e del decoro.
Il contrario, anzi potremmo dire l’esatto opposto, avviene a Catania. L’affaccio al mare è ancora una chimera, anzi alcuni spazi che prima esistevano non sono più fruibili a causa del degrado come gli slarghi del Lungomare sulla scogliera; L’occasione dell’interramento della cinta ferroviaria probabilmente darà una soluzione monca perché le Ferrovie intendono mantenere il piano del ferro sugli Archi della Marina; lungo le strade cittadine tutto e di più si può fare: mercatini improvvisati, bancarelle semoventi di frutta e verdura ad ogni angolo, poveri cristi extracomunitari a chiedere una moneta ad ogni semaforo; piazze storiche ancora utilizzate come immensi parcheggi a cielo aperto, mentre i parcheggi che si stanno realizzando in project-financing nel centro cittadino lasciano adito a dubbi sulla loro capacità di ridurre la pressione delle auto in entrata, visto che non si ravvisa una migliore competitività del trasporto pubblico. E’ per questo motivo che i parcheggi scambiatori realizzati ai margini della città forte restano desolatamente vuoti.
La città, anche nelle sue parti pregiate, viene sì ridisegnata, non da grandi firme dell’architettura, nemmeno dalle piccole, ma da valenti geometri o da ingegneri di varia specializzazione, con i prevedibili risultati di Corso delle Provincie o Corso Italia. Eppure non sono mancate e non mancano risorse che, per altri versi, l’Amministrazione è stata bravissima a reperire ed a spendere.
Manca la mentalità “imprenditoriale” della Pubblica Amministrazione e, forse, una maggiore capacità di contestazione e consapevolezza dei catanesi.