Le cattedrali della nostra epoca si chiamano centri commerciali

Ogni epoca si caratterizza anche per gli edifici che costruisce, alcuni dei quali sono capaci di rappresentarne il modo di essere, il modo di vivere, il modello economico e organizzativo.
Nel medioevo questa rappresentatività era connessa forse all’edificazione di grandiose cattedrali, più che i castelli ed i palazzi nobiliari, perché esse rappresentavano il luogo simbolo dove la gente si radunava e quindi erano fatto e luogo collettivo, così come in epoca ancora più antica questo ruolo era rappresentato per esempio dal Foro o dalle terme nell’antica Roma.
Oggi, nel mondo globalizzato, questo ruolo è forse svolto dai grattacieli ed dai grandi centri commerciali. I secondi, perché nell’economia globalizzata, nell’economia delle merci che vengono prodotte e scambiate tra molte parti del mondo, l’esigenza del contenimento dei prezzi e della loro facilità di veicolazione, richiedono che esse siano visibili, ed appetibili, insieme simultaneamente e in grande quantità anche tipologica, e quindi poste in una cornice adatta a queste funzioni e dimensioni. Per la capacità attrattiva , per essere spazi catalizzatori di funzioni ed interessi oltre le specifiche attività, queste strutture forse possono essere paragonate paradossalmente appunto alle antiche cattedrali.
Ecco allora che nascono, sempre più grandi, vere e proprie città del commercio che spesso si sostituiscono alla rete commerciale insita nel sistema viario delle città.
Ciò pone una serie di questioni e problemi in termini di funzioni, di forma, di rapporti con il territorio, di gestione della movimentazione di persone e merci.
Di funzione perchè relazionate alle necessità ed aspirazioni di un grande numero di persone che in questi luoghi si recano per i loro acquisti, per passarci il tempo libero, per lavoraci, oltre che quelle legate alle attività commerciali proprie.
Di forma perché alla forma architettonica, alla sua capacità di farle diventare “luogo “ riconoscibile e riconosciuto attraverso un processo di innovazione e caratterizzazione, è legata la speranza di un successo che sia duraturo nel tempo come quello che la città tradizionale ha saputo, fino ad un certo momento, garantire.
Di rapporti con il territorio , perché queste grandi concentrazioni pongono serie questioni in ordine alla mobilità di un gran numero di utenti e di mezzi, creano impatti sia paesaggistici e ambientali oltre che su un certo status economico il quale, anche per sua incapacità di gestire il cambiamento, tende ad essere non affiancato, ma sostituito .
Di gestione perché queste strutture sono capaci di mettere in crisi un sistema di connessioni se queste non vengono adeguatamente riprogettate e ridimensionate per assolvere alle nuove funzioni ed ai nuovi carichi.
Tutte questioni che non sono eludibili perché legate ad una evoluzione del modo di vivere proprio delle ricche nazioni occidentali o dei paesi emergenti anche in relazione ai diversi limiti dei confini di riferimento del commercio e della produzione, che tendono ad essere sempre più grandi e smaterializzati.
L’architettura e l’urbanistica possono e devono dare risposte concrete a queste questioni e vi sono, per altro, esempi di come ciò possa avvenire .
Ora se non è lecito pensare di avere posizioni retrodatate di ostacolo allo sviluppo di nuove tipologie commerciali, altrettanto è auspicabile che i nuovi centri cerchino una loro più precisa identità magari più attenta alle valenze strutturali sociali ed ambientali dei luoghi ove sorgono.

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