Come un libro fotografico su Catania può essere un progetto urbanistico

Mi è capitato di presentare un libro di architettura ed urbanistica; esercizio di per sé difficile che però si è rivelata abbastanza agevole per il “Viaggio”, reportage fotografico e letterario che Pippo Anfuso ha voluto dedicare alla sua Catania.
Le prime pagine del libro mi hanno indotto ad alcuni parallelismi, il primo con un film su Cyrano de Bergerac, interpretato Gerard Depardieu. Film interamente recitato in versi, cosa della quale mi accorsi solo dopo un po’ di minuti, perché ammaliato dalla bellezza dei colori e delle scene.
Al contrario, Viaggio a Catania, il libro, spiazza con questa stranezza del testo in rima, che sembra un vezzo, ma che diventa invece, man mano ci si addentra nella lettura e nell’osservazione delle immagini , l’essenza stessa del libro.
Processo osmotico nel quale si viene aiutati da quella “corrispondenza impossibile” inventata dall’Autore con un signore che Catania la studiò, disegnandola, in profondità e cioè Sebastiano Ittar.
Ecco, questi dialoghi surreali via internet e l’associazione con le immagini mi hanno riportato alla mente alcuni bellissimi testi della Domenico Sanfilippo, attraverso i quali Giuseppe Lazzaro Danzuso ci ha fatto vivere più di un’atmosfera siciliana in quel suo miscelare dialetto, immagini fotografiche e descrizioni d’ambiente.
E comunque, all’interno di tutta questa poesia il libro si presenta come progetto urbanistico che non propone soluzioni ma, al contrario, dispone alla prefigurazione delle possibili soluzioni.
Una specie di Wikipedia, un enciclopedia naturale ed insieme un potente motore di ricerca che ci offre, attraverso gli scatti fotografici, più chiavi di lettura della città, della sua struttura urbanistica, del suo intimo essere. Le foto ci documentano l’osmosi tra gli edifici, le strade e gli uomini, i nostri predecessori ed anche noi stessi. Ci evidenziano, per il passato e per il presente, le contraddizioni e gli errori nell’uso degli spazi della città, nel contempo approfittandone per far riemergere dalla memoria alcuni tesori di cui forse avevamo perso traccia.
Per esempio il sistema delle corti con cui è strutturata la città barocca; molto spesso abbandonate, nascoste da edifici degradati delle quali, attraverso le foto aeree, possiamo capirne le grandissime potenzialità nella definizione di una nuova chiave di lettura rispetto al modello d’uso del centro storico, anche nel suo essere Catania una città commerciale e di servizi.
Foto che ci mettono brutalmente di fronte alle nostre responsabilità e, al contempo, ci mostrano alcune particolarità del suo disegno urbano come ad esempio nella zona del Fortino o Porta Garibaldi, dove, guardando verso la cattedrale, era evidente fino a prima della guerra un disegno urbanistico simile a quello di Piazza del Popolo a Roma.
A volte l’autore si mostra in chiave di progettista e non semplicemente di documentarista, come nel caso della ex manifattura tabacchi, in via Garibaldi, di cui ne evidenzia la rilevante vocazione culturale, vero e proprio spazio urbano, risorsa sulla quale centrare un intero processo di riqualificazione.
Pippo Anfuso ci regala non un semplice libro, ma un testo-progetto, che potrebbe, dovrebbe essere il paradigma e la verifica di ogni ipotesi di modifica della città storica e consolidata, per la capacità che ha di coglierne e rappresentarne i più minuti aspetti, ciò naturalmente non per bloccarla e mummificarla, ma, al contrario per favorirne la naturale evoluzione.

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