Architetture di grandi misure ma non più di grandi maestri

L’architettura, secondo alcuni, sta conoscendo nel mondo un nuovo rinascimento, congettura che nasce da alcune realizzazioni-spettacolo, con cui alcune nazioni, alcuni network imprenditoriali, vogliono stupire autocelebrandosi. Esempi ve ne sono tantissimi; tra i più recenti, ancora in fase di definizione vi è un hotel a Shangai, che includerà sul suo prospetto una cascata artificiale, mentre è già in costruzione nel Bahrain, Golfo Arabico, il World Trade Center, complesso per uffici costituito da due torri lanceolate collegate tra loro mediante tre passerelle, che supportano tre grandi pale eoliche per la produzione di energia elettrica. Per non parlare della spasmodica corsa alla realizzazione di grattacieli sempre più alti, vere e proprie città verticali, piuttosto che della costruzione di interi arcipelaghi di isole artificiali per resort di lusso. Molte di queste realizzazioni sono progettate da vere e proprie multinazionali dell’ingegneria che operano con la spregiudicatezza tipica di certi tycoon della finanza. Organizzazioni volte strutturalmente al perseguimento di un profitto, comunque e dovunque, per le quali i valori dell’ ambiente, della storia, della ricerca formale, costituiscono spesso orpelli non necessari quando non inutili o fastidiosi.
Si tratta appunto di architetture-spettacolo, ma certamente non sono architetture spettacolari, come possono invece essere considerate molte delle opere di grandi maestri come Rogers, Piano, Hadid, Libeskind ed altri.
Manca in sostanza, in queste realizzazioni il tratto rapido, unico e riconoscibile, dell’architetto artista, che sa rappresentare con il suo segno la sintesi tra le esigenze materiali di una costruzione ed i valori storici, antropologici e formali di un territorio e di una società.
Che questo possa definirsi un rinascimento mi pare temerario, anche se rappresenta un certo modo di intendere il processo di globalizzazione dell’economia e delle società, poichè tende ad azzerare i valori che hanno consentito storicamente l’evoluzione del pensiero architettonico, almeno fino all’ultima generazione di grandi maestri dell’architettura, come quelli prima citati , tutti con età tra cinquanta e settanta e più anni.
E’, forse non intenzionalmente, il modello di riferimento verso cui la recente legislazione italiana indirizza l’offerta dei servizi professionali, non più basata sulle capacità individuali del professionista classico; modello di riferimento cui non è estranea una certa interessata cultura imprenditoriale.
Tuttavia non manca qualche esempio di segno opposto, come il caso di Dellis Cay, isola caraibica disabitata, nella quale un uomo d’affari turco ha chiamato un architetto italiano, Piero Lissoni, a coordinare un progetto, un sogno: la realizzazione di un polo di residenze e alberghi di lusso, affidate a cinque architetti di fama mondiale, ognuno dei quali progetterà e costruirà, con la massima libertà espressiva secondo la propria storia e la propria intuizione, una parte dell’insediamento, tuttavia con il comune denominatore del rispetto delle caratteristiche ambientali del luogo.
L’opera sarà completa nel 2011, ma già sono arrivati i primi compratori, segno che è possibile organizzare affari, anche lucrosi, senza per questo svilire territori, culture, ambiente. Anzi, proprio il rispetto di questi valori alla fine consente risultati migliori.
Un’isola dei famosi, che tra breve sarà più famosa dei suoi mentori.

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