I consumatori dell'Unione europea

Gli avvenimenti politici di questi giorni intorno al Governo, tra i più concretamente europeisti degli ultimi decenni, danno l’occasione per alcuni ragionamenti spiccioli circa il nostro essere cittadini europei. Già, cittadini ma, se ci fate caso, spessissimo questa parola nelle direttive viene sostituita dal termine “consumatori”. Forse sarà perché l’origine europea, siamo nel ‘50, ha a che fare con il mercato del carbone e dell’acciaio, si chiamava infatti C.E.C.A., poi trasformatasi in C.E.E. nel 1957 e in Unione Europea nel 1993.  Comunque sia, le regole dell’Unione  hanno grande influenza sulla nostra vita di tutti i giorni, a volte non tenendo conto di consuetudini e tradizioni fortemente radicate nei singoli Paesi, oltre che di alcune necessità concrete delle persone. E’ un’Unione sui-generis perché non è totalmente politica, non è totalmente economica, alcuni dei suoi membri non ne recepiscono per intero le sue regole; addirittura una Regione autonoma di un suo Stato potrebbe staccarsene con apposito referendum pur rimanendo parte di quello Stato. E’ successo nel 1985 con la Groenlandia, regione autonoma del Regno di Danimarca, che appunto se ne  è dissociata e staccata.

Detto questo, le cronache ci restituiscono che noi dalla UE, a fronte di cospicui versamenti che ci fanno il terzo  “contribuente netto” nel senso che versiamo più soldi di quanti ne riceviamo, prendiamo tutta una serie di normative e regole che dovrebbero servire a rendere i suoi cittadini (europei) il più possibile uguali nei diritti e nelle opportunità: nobile intendimento! Regole che in Italia si accolgono a volte anche con una certa “fantasia”. Se guardiamo a quelle che riguardano il mondo dell’architettura, non poche, da noi risultano largamente inapplicate se non per le parti che sono funzionali a determinati interessi, non certo quelli dei suoi operatori: cosa ne sia della direttiva sulla qualità dell’ambiente e dell’architettura in Italia è un mistero o perché mai sempre da noi ci sia un numero spropositato di professionisti rispetto alle medie UE anche. In ogni caso, in generale sono regole che hanno tendenze  mittleeuropee e anglosassoni piuttosto che equilibrate verso il Mediterraneo.

Ora per l’attuale Governo italiano, il più apprezzato degli ultimi decenni  dai vertici europei, è arrivato il momento dei bilanci, il cui giudizio dipende dall’ottica con la quale si guardano. Se pensiamo al bilancio dello Stato ci dicono che i “conti sono in sicurezza”, però il debito pubblico in quest’ultimo anno non si è affatto fermato; la pressione fiscale è a un livello riconosciuto da tutti non più sostenibile e che ha soffocato imprese e cittadini. Ci sono 3 milioni di disoccupati- cifra mai sfiorata in passato- e i consumi sono tornati ai livelli di 20 anni fa; più di 40 mila famiglie hanno dovuto lasciare la loro casa insomma, siamo in piena recessione! Non sarà colpa di questo governo come dice Monti, e sarà forse vero perché le responsabilità anche risalgono a molti e a molti anni fa ma certo, da cittadini e non semplici (ex)consumatori,  ci saremmo aspettati un pò più di originalità nelle misure: per esempio una riduzione draconiana degli sperperi e privilegi di Stato e qualche investimento più coraggioso nella tutela del territorio e del’ambiente, ottime azioni per favorire  la crescita. Che poi è la cosa di cui avremmo veramente bisogno.

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