Ci siamo già occupati dei riflessi del Decreto Bersani sul mondo delle professioni intellettuali e sulla società in genere.
Adesso, dopo la presentazione della Legge Finanziaria e del disegno di legge sugli Ordini, il quadro è più chiaro e possiamo tentarne una interpretazione più completa, al cui scopo è utile sintetizzare i principali provvedimenti messi in campo.
Il Decreto Visco-Bersani prevede, tra l’altro, l’abolizione dei minimi tariffari, la progressiva eliminazione del pagamento per contanti, l’obbligo di dotarsi di un conto corrente specifico per l’attività, l’obbligo di procedere a rapporti telematici e diretti con il Fisco, per esempio per il pagamento delle imposte.
Nel contempo è previsto l’aggiornamento al rialzo degli studi di settore che, com’è noto, individuano il reddito minimo che ogni professionista deve garantire allo Stato.
La Legge Finanziaria prevede, oltre al riordino verso l’alto dell’Irpef, anche lo scioglimento di tutti gli Enti pubblici non economici, esclusi Istat, Università ed istituti per il commercio con l’estero. L’attuale status giuridico di fatto escluderebbe da tale provvedimento gli Ordini professionali.
Senonchè, proprio in questi giorni, il Ministero di Grazia e Giustizia ha emanato la bozza di disegno di Legge Delega in materia di professioni intellettuali, che all’art. 4 prevede la trasformazione degli Ordini professionali proprio in Enti pubblici non economici.
Ne conseguono alcuni effetti, il più grave dei quali è quello dello strangolamento rapidamente progressivo della gran parte delle attività libero-professionali, specie quelle legate al mondo dell’Ingegneria e dell’Architettura, in prevalenza a dimensione medio piccola, sottoposte da un lato alla compressione della capacità di produrre reddito per effetto della consistente riduzione dei compensi dovuta all’eliminazione dei minimi, dall’altro all’incremento dei costi di produzione dello stesso e alla pretesa dello Stato di affibbiare agli stessi professionisti un incremento virtuale di questi redditi.
Effetti perversi aggravati dalla riduzione di occasioni di lavoro derivanti dalla progressiva diminuzione di commesse da parte degli Enti pubblici sia per effetto delle minori risorse disponibili che per la tendenza degli stessi di avvalersi delle proprie strutture interne, unita alla previsione dell’ablazione degli Ordini professionali che sino ad oggi hanno operato, secondo la Costituzione, nell’interesse reciproco della collettività e dei professionisti stessi.
Se non è una dichiarazione di guerra poco ci manca, oppure dobbiamo pensare che questi solerti legislatori non hanno contezza di questi ed altri effetti che queste norme producono. In ambedue i casi assistiamo, in questo come in altri casi, ad una pervicace azione tendente alla vendetta sociale ed alla creazione di “nuovi poveri” e nuovo disagio dal cui governo alcune forze politiche e sindacali traggono legittimazione e potere. Il tutto in barba allo sbandierato programma Ulivista di pace sociale e senza la benché minima concertazione, quasi che i liberi professionisti siano cittadini di serie C.
Guarda caso però questo quadro è molto interessante per le grandi società di capitale e per le cooperative rosse o blu che siano.
Siamo sicuri che rivesta lo stesso interesse per l’Italia ?