La chiesa di Padre Pio a S. G. Rotondo e le nuove possibilità di espressione

Qualche mese fa i media hanno raccontato al grande pubblico la conclusione della vicenda del complesso di Punta Perotti a Bari,spettacolarmente demolito a conclusione di un lunghissimo contenzioso. Bari ha così ritrovato il suo panorama liberato. Positivamente, questa vicenda di distruzione, traumatica e per certi versi necessaria, adesso porta ad un ripensamento di quel tratto di costa attraverso un concorso promosso nell'ambito della Biennale veneziana e che ha per tema le "Città di pietra", con l'obbiettivo della ricostruzione di una sorta di Via Sacra che ricalcasse, sia pur idealmente, il percorso dell'antica processione di San Nicola da Myra. Ciò perché è buona cosa, dopo aver stabilito ciò che non si vuole e che si è tolto, dire cosa si vuole e come farlo.
E' subito evidente l'opposto etico del tema concorsuale rispetto ai fabbricati demoliti: dal puro interesse materiale ad un interesse ieratico ed idealista di un insediamento a sfondo religioso che avesse come fulcro la convivenza tra religioni diverse.
A questo prospettato multiculturalismo religioso da prevedersi nel progetto viene contrapposto il rifiuto della omologazione, a volte francamente eccessiva, delle costruzioni tutto cemento, vetro ed acciaio, non imposta da alcuno ma che si tende ad imitare acriticamente con un certo provincialismo. Ecco perché il tema delle "Città di pietra" ed i progetti fondati sull'uso di questo materiale, sia pure immaginato con tecniche progettuali e realizzative rese possibili dai moderni mezzi informatici.
Idea questa forse stimolata dalla realizzazione della nuova spettacolare Chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, basata proprio sulle possibilità espressive e costruttive della pietra.
Ottimi propositi e validi obbiettivi quindi, cui però non corrispondono appieno, a giudicare dalla visione di alcuni dei progetti pervenuti, adeguati slanci progettuali o composizioni urbanistiche ed architettoniche capaci di creare quelle sensazioni ed emozioni che l'Architettura deve trasmettere.
Guido Canella, Adolfo Natalini, e tanti altri si sono cimentati su questo tema proponendo in verità edifici poco stimolanti, se non addirittura troppo vicini a schemi progettuali basati su prototipi storici, per esempio quello di Loredana Ficarelli, oppure su di una monumentalità compositiva, talmente concettuale da risultare incomunicante e respingente (la Città delle Religioni di Guido Canella che ha immaginato una chiesa basilicale posta al centro di un gigantesco sistema di edifici lineari a due e tre piani, delimitanti una immensa piazza purtroppo priva di alcun interesse spaziale). Fatto che nulla comunque toglie al valore dei progettisti od alla bontà dell'idea. Forse l'eccesso di significanza e di aspettative, sommato ad alcune invarianti funzionali e materiche poste a base della consultazione, ha un po’ ridotto verve e ispirazione.


Resta però il fatto, al di là di ogni altra considerazione di merito, che queste idee potranno costituire la base di partenza per un Concorso internazionale di progettazione che permetta di ripensare in chiave positiva un ambiente per troppi anni bloccato esteticamente e fisicamente, e ciò avverrà, speriamo, con i cittadini baresi e progettisti con i costruttori dalla stessa parte della barricata.
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