Nuovi sistemi di rappresentanza

E’ chiaro che il processo di risanamento dell’Italia debba passare anche per un riordino dei livelli e dei sistemi di rappresentanza. Il nostro, basato sullo Stato centrale e poi, a cascata, sulle regioni, provincie, comuni (anche le città metropolitane) e , via via, comunità montane, consigli di quartiere e chi ne ha più ne metta, è assolutamente ridondante e perciò farraginoso oltre che costosissimo.  Non ha eguali, in questi termini, in raffronto agli altri sistemi europei ed è una delle cause dell’insostenibile spesa pubblica che si traduce in sperperi, occasioni di malversazione, da sostenersi anche con una pressione fiscale incongruamente alta. Bene quindi ha fatto il Governo Monti a fare dei passi avanti verso la semplificazione, incardinando la riduzione del numero delle Provincie e degli Enti ad esse collegati. L’appunto potrebbe essere che, in questa direzione, questi passi siano allo stato troppo timidi e ancora non toccano a sufficienza gli inaccettabili privilegi della casta politica che questo sistema usa per creare consenso, posti di potere da distribuire, gestione non oculata del danaro pubblico. Ed è scontato che  questi passi, pur ancora timidi, abbiano sollevato resistenze, barriere, minacce di sfracelli millantando ipotesi di disservizi e disagi per le comunità. Non entro nel merito di quest’aspetto ma non vi è dubbio  che la razionalizzazione del sistema delle rappresentanze riguarderà anche quello delle professioni ordinistiche.

E’ infatti oltremodo probabile, oltre che auspicabile, che l’accorpamento delle province avrà come logica conseguenza il parallelo riordino del sistema degli ordini professionali che, essendo appunto provinciali, non potrà che aderire alle nuove realtà territoriali.  Posto che i disagi all’utenza professionale saranno alquanto limitati, se non inesistenti, visto che lo sviluppo delle reti informatiche rende possibile le relazioni a distanza senza spostamenti fisici- sistema abbondantemente nella disponibilità dei professionisti- resta il problema della garanzia rispetto alle esigenze di rappresentazione delle istanze politiche e culturali dei singoli territori che è utile, si ritiene, mantenere, essendo queste diversità culturali, territoriali, economiche, una ricchezza, come lo è la biodiversità. E la rappresentazione  di queste istanze deve essere garantita a tutti i livelli, sia locale che centrale.

In questo senso gli architetti catanesi, all’interno della categoria, si sono fatti portavoce di una proposta che verte nella trasformazione dell’Assemblea degli Ordini provinciali, nell’assemblea delle Città (o dei comuni) italiani, a prescindere dall’esistere in quella città l’Ordine. Ciò presuppone che tale rappresentanza sia garantita anche all’interno delle nuove compagni ordinistiche che nasceranno sulla base del riordino delle province. Come pure adeguata rappresentanza interna  dovrà essere garantita alle nuove città metropolitane, dove si concentrano la gran parte dei professionisti italiani e specifici problemi territoriali e organizzativi.  Sembra questo un discorso di settore: in realtà non è così se l’Ordine dovrà essere, più ancora di quanto non lo sia sinora stato, il luogo di discussione aperta dove possa meglio garantirsi l’interesse alla tutela del territorio, del paesaggio, dell’ambiente che è un interesse- di più un diritto- delle collettività e che è uno dei principali compiti che ne giustifica l’esistenza.

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