Green economy, una ricetta anticrisi?

Recentemente, a Rimini nell’ambito della Fiera “Ecomondo”, sono state presentate 70 proposte su sei settori relativi alla sfida sul miglioramento della qualità climatico-ambientale, che dovrebbe rappresentare un importante driver di sviluppo utile a combattere anche la crisi economico-finanziaria che ci attanaglia. Significa investire in competitività anche creando nuovi posti di lavoro, cogliendo le opportunità offerte da questo passaggio verso un nuovo modello di società sostenibile. E tutto questo, secondo il Ministro Clini, dovrà necessariamente passare attraverso una reale semplificazione delle procedure, rese troppo complesse da un illogico accumularsi di norme e regolamenti, anche per difendere l’ambiente, che alla fine hanno ottenuto il risultato opposto ritardando o annullando preziose azioni proposte proprio per raggiungere risultati eco-ambientali.

Anche il Governo nel suo complesso, dopo anni di sollecitazioni da parte anche delle professioni tecniche, sembra aver imboccato questa strada, implementando strutturalmente seri contributi e agevolazioni a questo rivolte. Tutto bene quindi? Purtroppo non proprio. A cominciare dalle politiche fiscali – necessitate ci dicono- che hanno ridotto enormemente la capacità di investimento delle Imprese e dei singoli cittadini. La dimostrazione di quest’assunto è plurima: basta il dato, anche questo recente, esposto dalla Confederazione italiana degli agricoltori, che ha rilevato come gli italiani abbiano sensibilmente ridotto la spesa alimentare per poter ottemperare all’incremento di una pressione fiscale già di per se  elevatissima. Basta il dato sul blocco degli investimenti delle Imprese che stà determinando un ulteriore crollo produttivo di interi settori industriali. Tutto causato dal progressivo calo del potere d’acquisto e di accesso al credito, quindi di reddito disponibile, accompagnato dall’inasprimento fiscale. Le misure del Governo e le proposte di Ecomondo rischiano quindi di rimanere nell’ambito degli annunci o delle pie intenzioni, come di fatto si stà registrando per il cosiddetto “Piano delle città”, proposto dalle professioni tecniche e dall’ANCE e concretamente sposato e incardinato dal Ministro Passera. Annunci, ma niente di concreto. A questo si aggiunge, e non và sottaciuto, che alcune soluzioni cosiddette verdi sono state sposate con troppa fretta e senza i necessari approfondimenti. E’ il caso dell’eolico. Alcune organizzazioni statunitensi e inglesi  hanno riscontrato disturbi del sonno e aumento dei casi di ansia e depressione nelle persone che vivono in vicinanza degli impianti eolici. Chiaramente i sostenitori dell’eolico sostengono che, in condizioni normali di vento, le pale eoliche  non producono emissioni inquinanti significative (prevalentemente acustiche) se poste a  100 metri di distanza dalle abitazioni; come non và sottaciuto che alcuni dei disturbi possono essere attribuiti al fenomeno NIMBY ( non nel mio cortile) per il quale và bene si facciano infrastrutture globalmente utili però non vicino casa propria.

Allora, quello che ci dovrebbe guidare è, ancora una volta, il senso di responsabilità. Del Governo che non può favorire una cosa e poi renderne di fatto impossibile l’attuazione, della comunità scientifica e produttiva che deve essere più attenta alla salute pubblica, dei cittadini che devono mettere da parte piccoli egoismi a favore di un interesse di ordine generale. Speriamo!

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