C’erano una volta le edicole votive, anzi ci sono ancora: si chiamano santuari

Non è difficile imbattersi lungo le strade siciliane, di città o di campagna, in angoli dove immagini sacre in tempietti incastonati dentro muri, o, semplicemente dipinte su di essi, sono oggetto di venerazione, testimoniata da lumini perenni o da fiori deposti da qualche mano devota. Non solo, ma in tempi lontani non era raro che famiglie facoltose arricchissero le loro dimore con cappelle private o le loro proprietà terriere di vere e proprie chiese.
Il proliferare di questi simboli e luoghi più o meno privati, dedicati alla meditazione religiosa, quando non nascevano come ex-voto, esternalizzazione della grazia ricevuta, era dovuto probabilmente, oltre che a vero spirito religioso, ad una inconscia necessità di luogo/segno propiziatorio e scaramantico contro le avversità .
Naturalmente, poiché a volte queste recavano il nome del loro , per così dire, promotore, esse “dovevano” rendere testimonianza dello status economico e sociale di questi; ciò determinava la loro complessità formale e la ricchezza compositiva . La forma architettonica di queste edicole votive era perciò legata al “tempo” in cui esse venivano edificate; ciò ci consente di verificare che questa pratica è praticamente sempre esistita (ricordiamo che gli antichi romani erano soliti dedicare un angolo della loro casa al culto degli avi e delle divinità del tempo) e che le vicissitudini storiche ed economiche sicuramente hanno determinato lo sviluppo o la contrazione di queste realizzazioni; naturalmente eventi particolarmente negativi, come pestilenze, carestie, disastri naturali, accentuavano il bisogno popolare di affidare la propria sicurezza al soprannaturale e, quindi, l’edificazione di questi simulacri tendeva ad intensificarsi nei periodi in qui questi fatti erano più frequenti.
La devozione era tale che questi tempietti sono sopravissuti, in qualche caso, alla costruzione che li ospitava originariamente, per cui è possibile trovare, per esempio, edicole votive di epoca gotica incastonate in edifici del settecento.
Anche la letteratura ha registrato il fenomeno: basti, per tutti, ricordare l’effigie del “San Giovanni decollato” di martogliana memoria verso la quale “mastro Agostino” sfoga la sue angosce di padre e marito o le puntuali descrizioni dei riti e dei luoghi dedicati alla preghiera ed ai simboli sacri rilevabile nelle pagine de “ Il gattopardo” di Tomasi di Lampedusa .
Questa particolare iconografia religiosa è ormai praticamente scomparsa, sostituita da fenomeni di massa che la diffusione mediatica delle informazioni contribuisce a portare dentro le nostre case. Si concentrano così in luoghi “simbolo” i segni materiali della devozione sincera o scaramantica come ad esempio, Mompilieri vicino Catania, ove la Madonna sarebbe più volte apparsa o , più recentemente, la fenomenologia che riguarda Padre Pio, per celebrare il quale è nato uno dei più avveniristici e grandi Santuari del mondo. D'altronde, con la fretta con cui siamo costretti a vivere è già molto se, a Natale, riusciremo a ritagliare nelle nostre case il tempo e lo spazio, un angoletto, per un piccolo presepe.

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