Alla fine del seicento la ricostruzione post-terremoto realizzò, attraverso la costruzione di grandi immobili pubblici e privati, la configurazione urbana delle città della Sicilia orientale, generando il “Bacino della Val di Noto” promosso recentemente a “patrimonio dell’umanità”; accanto a questa struttura forte si creò un tessuto minuto di case, fatto dalla e per la povera gente che contribuisce, ancora oggi, a determinare il carattere dei nostri centri storici.
Erano prevalentemente case terrane che si aggregavano a schiera lungo i vicoli oppure si contrapponevano tra loro realizzando un cortile di accesso comune cui si accedeva, solitamente, attraverso un arco. Ne esistono esempi in tutta la Sicilia.
Questa tipologia è probabilmente un retaggio dell’urbanistica araba che, presente in modo più contenuto sin dal 1300, si è particolarmente diffusa e caratterizzata nel settecento ,determinando un vero e proprio modus vivendi che, con piccole variazioni di metodo ed uso, si è conservato addirittura fino ai nostri giorni.
Nascevano queste aggregazioni per una serie di ragioni che comprendevano esigenze di economicità della costruzione, di protezione climatica, ma anche di solidarietà o parentela;
Lo spazio aperto in comune era il luogo della socializzazione tra nuclei familiari , era il soggiorno collettivo, una sorta di spazio intermedio tra il luogo pubblico, la strada, e quello privato della casa vera e propria. Era il luogo dove le donne di casa si ritrovavano per quello che oggi definiremmo fare salotto o “gossip”. Si faceva “cuttigghiu” che in dialetto significa anche parlare di questo o quell’altro, a testimonianza di quanto uno spazio architettonico, sia pure minuto e povero, sia capace di interagire con il modo di vita delle persone, dando anche spunti per trame e personaggi che hanno contribuito alla prosa di Nino Martoglio.
Dicevamo dell’arco che segnava il passaggio tra la strada ed il cortile: a volte l’importanza architettonica di questo elemento era accompagnata da un sistema della pavimentazione che, rispondendo primariamente ad esigenze di carattere funzionale, faceva riferimento a criteri costruttivi che hanno contribuito a tramandare le conoscenze sulle tecniche edilizie ed anche sull’importanza che a questi spazi veniva attribuita.
Alcuni di questi luoghi oggi vengono restaurati e reinventati nel loro uso grazie anche alla rivitalizzazione delle case che su di essi si affacciano, a volte trasformate in ritrovi. Si riscoprono cioè alla loro funzione originaria di spazio semipubblico, in cui il rumore ed il caos della vita cittadina trovano momento di stasi , con prospettive visuali di piccola scala che restituiscono il piacere di stare all’aperto. Non è difficile immaginare che il continuo riappropriarsi di questi spazi li possa trasformare in un sistema urbano di piccole corti, nella logica del riuso compatibile dei nostri centri storici.
Alcuni esempi interessanti è possibile oggi vederli a Siracusa, nella splendida Ortigia, dove tradizione e contemporaneità , grazie ad una intelligente operazione di recupero architettonico, dimostrano la loro totale compatibilità e sinergia. Un esempio da seguire.