Ultimamente anche i dizionari della lingua italiana inseriscono numerose nuove parole, anche di derivazione straniera; tra queste, il temine anglosassone “design” ( pronuncia corretta:disain).
La letterale traduzione consiste in “disegno”, progetto” "motivo estetico”; ed infatti , sempre nel linguaggio comune, essa tende a sostituire, o meglio integrare, il concetto italiano di progetto innovativo.
In origine il termine design era associato all’altro “ industrial”; industrial design quindi, intendendo con questo l’ideazione e costruzione di oggetti per l’industria, nati per soddisfare determinate necessità di carattere pratico secondo tecniche di produzione basate su grandi numeri.
L’evoluzione della società ha dato al termine “design" ulteriori significanze, che si legano al soddisfacimento, oltre che di bisogni materiali ed utilitaristici, di esigenze di carattere estetico, legate all’innovazione dell’immagine ed alla personalizzazione dei prodotti.
Questa attività ha pervaso vari aspetti della produzione passando dagli oggetti industriali, ai componenti per l’arredamento, alle automobili, fino alla moda, per arrivare, in tempi più recenti. anche al modo di concepire le pietanze oppure una composizione floreale: non è più tanto raro imbattersi nei concetti, appunto, di food-design o flower-design.
Si ha quindi design quando si riesce a dare ai prodotti , attraverso la ricerca estetica, dei significati e dei valori che oltre a soddisfare le esigenze funzionali, raggiungono l’anima della gente. Ciò avviene perché il disegno, il materiale, il sistema produttivo dell’oggetto, “comunica” l’appartenenza al suo tempo, un valore estetico, un valore etico, riesce insomma a far parte del modo di essere e di vivere dei suoi utilizzatori. Anzi, a volte la capacità comunicativa di un oggetto è tale da renderlo valido e desiderabile a prescindere dalla sua capacità di assolvere ad una funzione pratica.
E di design l’economia italiana fino ad oggi si è nutrita, anche in tempi di globalizzazione e tigri asiatiche, forte di una tradizione di stile, innovazione tecnica e di immagine che hanno reso i mobili italiani o gli abiti dei nostri stilisti, punti di riferimento e oggetti di culto per gran parte del mondo occidentale ed anche orientale.
Ecco, tutti questi valori e questi ragionamenti che trovano ampia condivisione e diffusione sono, di solito, scarsamente presenti nell’attività edilizia corrente, ed è ben strano che l’Italia, patria riconosciuta del “design”, sia stata ampiamente superata da molti altri Paesi, anche meno industrializzati, nel campo della ricerca architettonica. E’ facile verificare come nel mondo sia in atto un processo di rinnovo dell’immagine urbana e dell’architettura di ampio respiro, anche se a volte troppo incline a ricopiare acriticamente modelli di stampo anglosassone o sensazionalistici, e come questo processo sia generalmente bloccato in Italia e specie qui in Sicilia, escludendo il campo dell’architettura d’interni, che offre qualche possibilità poiché non ingessata da sistemi regolamentari e vincolistici.
Non è forse il caso di riappropriarci, a tutti i livelli, delle nostre capacità di ricerca ed innovazione?