Abbiamo più volte sostenuto che l’edilizia prodotta nella nostra città negli anni del cosiddetto boom economico è stata generalmente di bassa qualità. Lo riconfermiamo, anche se non va sottaciuto che alcuni esempi di buona progettazione e costruzione, realizzati in quel periodo, hanno evitato che si interrompesse del tutto la tradizione della qualità architettonica presente fino al periodo liberty.
Uno di questi esempi può essere considerato l’edificio che sorge sul lato nord della via Lorenzo Bernini nei pressi di piazza Michelangelo ed interessato, in questi giorni, da alcune polemiche e rivendicazioni sul suo stato di manutenzione.
Progettato nel 1960 dall’ing. Anton Francesco Stella, su commessa della famiglia Scammacca, rappresenta l’adesione ai principi del razionalismo, ragionata e mediata secondo alcuni paradigmi rintracciabili nell’architettura barocca di derivazione borrominiana, presenti in alcune Chiese catanesi.
Dell’architettura barocca raccoglie la scenograficità rispetto al contesto urbano: lo svolgersi della sua pianta curva secondo il profilo stradale sottolineata da un terrazzo poggiante su forcelle in cemento armato, che individuano un percorso pedonale protetto dall’insolazione solare sul lato sud ; la semplicità del corridoio pedonale pubblico arricchita da una sequenza di corti aperte, dotate di alberature, ricavate attraverso l’articolazione a pettine del corpo di fabbrica in elevazione, che drammatizzano il prospetto creando una alternanza di superfici in piena luce ed in ombra e che smaterializza il blocco costruito di oltre cento metri di sviluppo; le superfici aggettanti in piena luce poi ulteriormente raffinate dai pannelli murari concavi, opposti alla curvatura convessa del profilo stradale e del portico, che consentono alla luce, vero motivo ordinatore della composizione, di creare delle leggere sfumature che ci accompagnano alle zone più rientrate e proteggono la facciata vera e propria dal surriscaldamento solare. Senza contare la ricchezza dei particolari architettonici e decorativi delle modanature dei parapetti e dei pilastri in vista.
Tutti questi temi che, all’epoca i cui la costruzione venne pensata e realizzata, costituivano un rarissimo esempio di progettazione attenta e consapevole, dove vincoli urbanistici, legittime esigenze della committenza, contesto e sensibilità del progettista si sono sinergicamente amalgamate in quel risultato finale che si chiama architettura.
Oggi questo pregevole edificio è interessato da uno stato di abbandono, forse non estraneo al fatto di essere entrato a far parte del patrimonio comunale, che, se non ha ancora alterato irrimediabilmente la sua valenza architettonica, crea un giustificabile disagio agli abitanti della zona ed un vulnus alla percezione della qualità urbana in generale.
Purtroppo le Leggi vigenti non consentono ancora una tutela automatica dell’architettura contemporanea ( forse perché questa ancora non è considerata in sé un valore storico culturale) ma mi pare questo uno di quei pochi esempi che andrebbero tutelati e protetti, anche con un vincolo ambientale. Per conservare uno dei pochi esempi del contemporaneo catanese da speculazioni di bassa lega, da modifiche e stravolgimenti che per scopi funzionalistici per così dire, ne possano stravolgere il significato storico e culturale.
Giuseppe Scannella