Catania e il piano nazionale per le città

La crisi che stà falcidiando l’edilizia e l’intera economia italiana, ha fatto sì che le Organizzazioni Nazionali degli architetti, costruttori e, novità importante, Lega Ambiente, si interrogassero nei mesi scorsi su quali potevano essere le azioni utili a contrastare la difficile congiuntura: ne venne fuori un convegno nel quale le proposte vennero presentate al Governo e al Ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera. Registrandone l’immediata adesione, a parole e anche nei fatti, visto che a pochi mesi di distanza il Governo ha emanato il provvedimento noto come “Piano nazionale per le Città” che recepiva le istanze presentate nell’occasione e cioè quelle di indirizzare azioni e finanziamenti verso una generale riqualificazione degli ambiti urbani, con particolare attenzione verso quelli degradati, nell’ottica della riqualificazione sociale, nel miglioramento della qualità degli spazi pubblici e della sicurezza e della sostenibilità energetica del tessuto edificato, la gran parte obsoleto. La presa di coscienza governativa non si è fermata a questo, tant’è che proprio pochi giorni fa il Governo ha predisposto l’istituzione di un gruppo di lavoro per l’implementazione di politiche urbane, o politiche per la città come preferisce chiamarle Francesco Karrer, Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Non deve stupire quest’interesse, anzi l’Italia arriva buona ultima rispetto al resto d’Europa, essendo l’unica nazione che ancora non aveva, tra la sue pur storicamente numerose compagini governative, un ministero per le politiche urbane. Un ritardo in parte colmato, tenuto conto che gran parte della popolazione del mondo evoluto vive nelle città e che questa tendenza è in continuo aumento; con l’ovvia conseguenza che il sistema “città” costituisce il driver naturale dei fattori di crescita e sviluppo non solo economico, ma anche sociale, culturale, dell’evoluzione nel suo complesso. E già da anni altri Paesi, più avveduti, sul sistema “città” hanno concentrato e investito risorse materiali e immateriali. Da buoni ultimi, la Sicilia più ultima degli altri, dobbiamo quindi fare una bella rincorsa per recuperare competitività rispetto ad altre realtà vicine e lontane.

E’ perciò una buona notizia che la seconda città della Sicilia, la decima d’Italia per importanza, abbia finalmente attivato delle azioni verso quest’obbiettivo. Ancor di più visto che i progetti proposti riguardano una delle aree a più alta problematicità, sociale, di integrazione fisica, di densità di popolazione, come quella di Librino che, nato come quartiere-città modello dalla matita di Kenzo Tange, nell’attuazione alla “catanese” ha visto stravolgimenti e tradimenti i cui risultati basta andare a vedere. Si tratta quindi anche del tentativo di un risarcimento verso i suoi abitanti e verso la città tutta. Vi è da sperare che ciò rappresenti una definitiva presa di coscienza, che non si esaurisca con le scadenze elettorali, visto anche che la città, in questi anni e piano regolatore o no, ha saputo produrre idee e progetti per la sua rinascita. Penso ai tre workshop internazionali promossi dall’Ordine e dalla Fondazione degli Architetti sulle nuove stazioni per la metro, per la costa cittadina e, ultimo in ordine di tempo, per la riqualificazione della costa sud dal Simeto al centro città, che potrebbero costituire un’ottima base per lo sviluppo di adeguate proposte da mettere in campo alla prossima tornata.
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