Oggi si festeggia in tutt’Italia il 90° anniversario dell’istituzione della figura professionale di architetto, almeno nella forma in cui la conosciamo. E’ una storia che nasce molto tempo prima, già dal 1859 con la Legge Casati e il DDL Borrelli, passando per alterne vicende circa l’unicità o la diversificazione con gli studi e la professione di ingegnere civile per tutto il primo scorcio dell’unità d’Italia e che videro la nascita di scuole speciali per l’architettura, la nascita dei primi sodalizi delle due professioni intorno al 1859, per giungere, ai primi del ‘900 quando le tutte professioni cominciarono a rivendicare il riconoscimento giuridico del loro ruolo e quindi del titolo e del mestiere. Si arriva così al 1923, quando Giovanni Gentile elabora un’importante riforma del sistema Istruzione italiano che, nel campo artistico sostituendo la legge Casati, individua uno specifico percorso di studi propedeutico all’accesso alla formazione superiore nel campo dell’architettura. Arriviamo così alla fatidica data del 24 Giugno quando il Governo, con la Legge n° 1395, istituisce la figura professionale e la conseguente tutela del titolo e delle competenze.
Una vicenda molto travagliata come visto, e che però consentì all’Italia di continuare a essere, almeno fino alla fine della seconda guerra mondiale, il paradigma nel campo dell’architettura. Poi, la storia è nota, il tumultuoso processo di ricostruzione post bellica, la conseguente speculazione edilizia, l’allentarsi del rigore scientifico e della serietà dei processi formativi nel campo, ha via via ridotto la considerazione per la professione, anche nel campo pratico consentendo di fatto, se non in diritto, l’esercizio di questo nobile mestiere a chicchessia o quasi. A questo si è accompagnato un sistema normativo sempre più rigidamente ragionieristico e prescrittivo da un canto e marcatamente liberista, ma certamente non liberale, dall’altro.
Oggi la professione, attaccata da più parti, è svilita, impoverita, impossibilitata a dare le risposte che l’Italia meriterebbe, anche a causa della moltitudine di soggetti che, forti di un pezzo di carta di dubbio valore, l’attuale situazione immette sul mercato e anche dal tentativo di spezzettamento delle competenze dato da un improvvido DPR 328 del 2001, che ha trasformato, per fini alquanto comprensibili ma non certamente nobili, una professione di per sé olistica in una serie di finte specialità . Fino a far diventare il nostro Paese quello con la più alta concentrazione di architetti nel mondo e con la più bassa qualità delle trasformazioni territoriali, almeno nel novero dei Paesi sviluppati. Un paradosso, foriero di gravi discrasie economiche. Si potrebbe dire che abbiamo toccato il fondo e forse per questo gli architetti italiani hanno voluto questa festa; dove in effetti non c’è molto da festeggiare, ma che offre invece ampi spazi alla rivendicazione, alla presa di coscienza, allo scatto d’orgoglio di chi, per troppo tempo, è stato mortificato. I segnali ci sono tutti, certo responsabili e non eclatanti, basati sul ragionamento e non sull’esasperazione. E allora le festose invasioni delle città , i convegni e le manifestazioni che oggi in tutt’Italia si registreranno, avranno un senso e un’utilità. Fosse solo quella di una riflessione collettiva, anche per chi lo sviluppo del Paese dovrebbe avere a cuore.
Buon 24 Giugno. Buona Architettura per tutti.