Sua Santità Francesco I°, rientrando dalla Corea, sottolinea come la situazione internazionale, i conflitti in atto in varie parti del mondo, ci abbiano proiettato in una condizione molto simile a una III^ guerra mondiale, solo che si svolge a macchia di leopardo. Un monito che va preso sul serio, come quello , sempre del Santo Padre, riferito all'attuale condizione economica caratterizzata, in molte parti del mondo, da condizioni di lavoro e di vita non consone alla dignità delle persone. Ciò è particolarmente vero, non solo in Cina o altri Paesi dove i diritti dei lavoratori sono particolarmente compressi ma, anche, nel mondo occidentale dove un liberismo (che non è affatto liberale) sfrenato ha consentito che poche oligarchie economiche più o meno palesi, supportate e favorite da politiche condiscendenti se non complici, stanno impoverendo intere nazioni, in particolar modo i ceti sociali medi che di quelle economie costituivano la base produttiva. Come non ricordare quindi la previsione di Margaret Thatcher che, agli albori dell'Euro, sosteneva che esso sarebbe stato un disastro per le economie più deboli, e avrebbe rappresentato una forte limitazione delle libertà individuali. Coerentemente l'Inghilterra, a prescindere dal colore politico dei vari governi, non vi ha mai aderito. Ha fatto bene visti i risultati. Va anche ricordato che i vari economisti che hanno governato le politiche europee in questi anni, hanno fallito ( o ne hanno scientemente mentito) tutte le previsioni sull'andamento economico e le azioni maturate sotto la loro influenza hanno precipitato gran parte dell'Europa in una crisi strutturale che, in alcuni casi -vedi l'Italia- è molto simile nelle conseguenze ai postumi di una guerra, anche questa mondiale, solo con meno morti. Si, la terza guerra mondiale, a macchia di leopardo, non c'è solo in Iraq, Libia, Gaza o centr'Africa, riguarda anche noi. La differenza con la precedente sta nel fatto che alla fine della Seconda Guerra Mondiale ci fu un piano Marshall che portò, in pochi anni, ad un nuovo benessere diffuso, almeno in Europa. Oggi di questo non vi è traccia e non bastano le pie intenzioni di Renzi & co. o di Hollande, a meno di uno scatto d'orgoglio che preveda azioni drasticamente coraggiose che non sono nemmeno all'orizzonte. La storia ci insegna che alla fine, a queste condizioni, poi i popoli si ribellano, spesso nel sangue.Purtroppo.
Direte: ma cosa centrano questi ragionamenti con l'Architettura e il lavoro degli architetti? Beh, io penso che essi rappresentino le antenne e gli amplificatori di una condizione di vita, da cui traggono le conseguenze per il loro lavoro che dovrebbe essere anche anticipatore di visioni e strategie. Certo è più semplice interpretare il mestiere e il ruolo in maniera patinata, affidandosi solo all'estetica e al glamour iconico. In realtà, ancora una volta la storia ci mostra che l'evoluzione della cultura architettonica ha esplicato le sue potenzialità e la sua massima utilità nei periodi di crisi ricercando e trovando soluzioni tecniche, immaginative, formali, per quello che è il suo ruolo, proprio nei fattori di criticità , compresi e spesso anticipati.