LA VASCA DEI PESCI E IL 13 MAGGIO

Se un alieno potesse osservare dall’alto l’Italia e il modo che essa ha di governare le professioni intellettuali e tecniche, farebbe un immediato parallelismo con una vasca di pesci.
Una grande vasca, piena d’acqua, nella quale sono stati immersi tantissimi pesci, delle più svariate specie, fino a quando l’acqua non è più bastata a garantire la loro sopravvivenza. Allora i pesci più grandi, più forti, hanno cominciato a mangiare quelli più piccoli e deboli mentre altri ne venivano immessi (si chiama polarizzazione economica). Nel frattempo, ogni tanto, un po’ d’acqua viene aggiunta per non farli morire d’asfissia tutti in una volta. Moriranno si, ma lentamente fino a quando non resteranno in vita solo i pochi più famelici.
Trasferiamo il parallelo fantastico...
La vasca è il mercato italiano, i pesci delle più svariate specie- architetti, ingegneri, geometri, periti, geografi, agronomi e poi, poiché l’Italia è piena di piscicultori in vena di sperimentazione, si sono creati gli ibridi: paesaggisti, conservatori, pianificatori, architetti e ingegneri iunior, geometri e periti laureati (che diavolo significa?) fino a quando non si è capito più chi fa cosa e i conflitti sono diventati il pane quotidiano, con una magistratura di ogni ordine e grado incapace di dirimere contese, almeno secondo la logica e buon senso, a volte, anche in contrasto con le stesse disposizioni legislative. Nel frattempo l’acqua della vasca- le occasioni di lavoro- si è sempre più ridotta, con le conseguenze purtroppo note: drastica riduzione delle capacità reddituali di moltissimi, abbandoni, trasferimento di intelligenza all’estero, abbattimento –fisiologico in queste condizioni- delle iscrizioni nelle università che, nel frattempo e grazie a una indiscriminata proliferazione di sedi e cattedre, hanno abbassato di molto la qualità media della formazione, contribuendo alla proliferazione dei pesci più piccoli, meno preparati a raccogliere le sfide del mercato e che diventano cibo, provvisorio, per quelli più grandi.
Allora il piscicultore -il sistema di governo del Paese- che ha fa? Immette un po’ d’acqua nella vasca dando, tra un tira e molla indecoroso, un pizzico di ossigeno, comunque insufficiente alle reali necessità. Ci sono tanti modi di immettere e togliere acqua: dalle normative confuse e illogiche, che cambiano ogni tre giorni, alle incombenze fiscali; chi vive questa condizione sa bene a cosa mi riferisco e l’acqua, nel frattempo, è diventata fanghiglia. Però adesso i pesci, ancora in maniera disorganica e conflittuale, cominciano a ribellarsi e allora nascono movimenti spontanei, non sempre limpidi, che vogliono governare il disagio. 
E forse fanno bene perché gli ambasciatori delle professioni, ingabbiati nel loro ruolo istituzionale non possono, o non hanno il coraggio, di prendere in mano la protesta e si limitano prevalentemente a osservarla. 
Il 13 maggio questa protesta, che è testimonianza del disagio non più sopportabile, verrà fuori, a Roma. Non so se basterà a far capire che il segno è stato passato da tempo!

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