TUTTO COMPRESO

La conquista del principio sull’equo compenso viaggerà da adesso in poi, speriamo, su binari propri. E, se tale è stata nell’ambito della riappropriazione della dignità nell’esercizio della professione intellettuale, altri percorsi si dovrebbero affrontare .
Penso alle sempre più presenti campagne pubblicitarie fatte da enti finanziari/banche, negozi d’arredamento, agenzie commerciali per la vendita immobiliare o di costruzione dove “l’architetto” è compresonelprezzo.
Le formule sono varie: “un architetto ti seguirà dal sopralluogo alla realizzazione”, oppure “i nostri architetti verranno a casa tua gratuitamente…” e via dicendo.
Non ho riscontri che ci siano paralleli analoghi per altre professioni e/o altri professionisti intellettuali ma l’unica costante di queste pubblicità è che la prestazione professionale non costerà nulla all’acquirente.
I messaggi che passano sono due:
il primo è che, quando si tratta di dare il senso della qualità dell’abitare, della qualità dl servizio reso, il professionista chiamato a “garantirla” è l’architetto;
il secondo è che questa prestazione, di garanzia, è “gratis”.
Il che è contraddittorio, perché nell’immaginario collettivo ciò che è gratis non ha valore o quasi; la relazione che ne viene fuori è che l’opera dell’architetto non ha valore economico o, se ce l’ha, esso è talmente basso da poter essere regalato.
Un’altra cosa che si rileva è che in nessuno di questi messaggi si dice chi siano i professionisti che eseguiranno la prestazione, ne a quali condizioni essi la prestino e come siano, se lo sono, pagati. In sostanza non si rileva , e ciò credo contrasti con la trasparenza delle informazioni commerciali, se gli architetti siano veramente tali e quanto vale per il consumatore il vantaggio economico di godere di un servizio pagato (?) da altri.
L’Autorità garante per la concorrenza e del mercato (l’Antitrust) è stata interrogata sulla correttezza di queste forme pubblicitarie, l’ultima volta, non molto tempo fa, dall’Ordine degli Architetti di Catania ma, a senso unico, ha deciso che il meccanismo descritto, con le criticità evidenziate, è perfettamente lecito, non mette in discussione la dignità della figura professionale (mah…).
D’altronde lo stesso Stato, avallato da sentenze del Consiglio di Stato, fino al 30 Novembre 2017, ha fatto proprio lo stilema, ammettendo prestazioni professionali di alta responsabilità compensate con 1,00 € o pagando i propri consulenti giudiziari con tariffe orarie tutt’ora inferiori ai compensi minimi sindacali dovuti ai collaboratori domestici, le colf per intenderci.
Se questo aspetto particolare oggi forse possiamo ritenere superabile, grazie al principio dell’equo compenso, c’è materia di contendere e di azione nella veicolazione della prestazione professionale offerta in un pacchetto commerciale.
Non che non si possa o non si debba fare, solo che, in ossequio alla tanto declamata trasparenza delle offerte commerciali, sarebbe il caso che queste contenessero (così come, per esempio, è obbligatorio dichiarare la composizione e la provenienza dei prodotti alimentari) a quanto ammonti la retribuzione dei professionisti chiamati a rendere il servizio e quali caratteristiche professionali e di iscrizione ai relativi Albi essi possiedano, se li possiedono.
E’ già avvenuto per le offerte professionali su Groupon. Sarebbe dignitoso, e utile anche per i consumatori, avvenisse anche nelle altre forme pubblicitarie.
La mia impressione è che esse, in presenza di questi obblighi, si ridurrebbero o, almeno, non contribuirebbero a colpevolmente distorcere del tutto la percezione del valore di un lavoro professionale che, dai tempi di Imhotep nell’ antico Egitto, è stato sempre indice della civiltà dei popoli. E lo è ancora, in quasi tutto il resto del mondo.

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