Vado a memoria: nel 2001 la figura professionale dell’architetto venne assurdamente fatta a spezzatino con il DPR 328, nell’assordante silenzio delle istituzioni nazionali; nel 2006 il mitico Bersani stabilì, sulla erronea (!) interpretazione di una direttiva europea, che le professioni non potevano godere di tariffe obbligatorie e grazie a questa “libertà” sarebbero cresciute specialmente le fasce più giovani (sic!); gli fece eco Monti, nel 2012, che le tariffe abolì del tutto perché così il mercato si sarebbe sviluppato ( ari-sic!). Non dico delle varie versioni del Codice Appalti e del caos normativo dagli anni ‘90 ad oggi. Sistema che ci ha condotti agli incarichi gratuiti -o ad 1,00 €.- di cui ancora oggi, proprio oggi- ci si deve occupare, ai ribassi del 70/80% sugli onorari, il tutto condito da pronunciamenti della magistratura che, spesso, confusione e sconcerto hanno suscitato. Anche in ordine alle competenze tra le varie anime della filiera edile, situazione confusa praticamente unica nel mondo. C’è stato, sul finire della legislatura, un minimo ripensamento con l’introduzione dell’obbligo, per le stazioni appaltanti, di calcolare i compensi a base di gara secondo le tabelle del Decreto Parametri, poi la sofferta esitazione dello Statuto del Lavoro Autonomo. Un gran lavoro, faticosissimo, del sistema ordinistico e delle professioni tutte, anche per contrastare l’importazione di sistemi economici di stampo anglosassone di cui l’ONU certifica -nero su bianco- il fallimento, ottenendo solo piccoli successi, spesso momentanei e solo formali. Nel frattempo la crisi mordeva e morde ancora: concertare compensi decenti era esercizio improbo e ancora più difficile era materialmente percepirli, specie per i professionisti più giovani. Lo è tuttora! Dal punto di vista degli architetti la situazione pare ancora peggiorata; i problemi, malgrado premesse, proposte e aspettative, sono ancora tutti lì e altri se ne sono aggiunti; l’attuale Governo, subito imitato da qualche Regione (…la mia), ha pensato bene di dare un altro colpo alle già provate professioni di area tecnica: l’istituzione dell’Ufficio centrale per le progettazioni pubbliche! Con ogni evidenza sarà un flop a livello pratico ma, oltre che soluzione illusoria e costosa, costituisce un pessimo messaggio mediatico nei confronti dei liberi professionisti che, a questo punto, non si capisce più se, per chi ci governa, siano una risorsa per lo sviluppo e l’innovazione come pure l’Europa, nonostante tutto, ufficialmente riconosce o invece siano dei paria da cooptare e sfruttare, se non sbeffeggiare. Mi chiedo perciò cosa ancora dobbiamo attendere e cosa abbiamo da perdere; mi chiedo se non sia giunto il momento di un’altra dimostrazione pubblica, come quella del 13 Maggio 2017 a Roma, dove questa volta le nostre rappresentanze nazionali siano in prima fila perché a Roma, dalle parti di Montecitorio oggi come ieri, con i ragionamenti e la ragionevolezza (anche con l’italiano a volte) hanno qualche difficoltà… quel che capiscono bene è l’urlo, la protesta, la piazza, nel nostro caso educata. E allora diamogliela -la protesta pubblica- non solo un giorno. Diamogli un altro 13, 14, 15…Maggio magari a Gennaio o Febbraio, oppure diamogli un giorno di protesta ogni mese, un nuovo Day-Off in tutte le città d’Italia, finchè non capiranno, finchè non ci daranno la Legge sull’Architettura che non serve agli Architetti ma alla Società, la certezza di essere adeguatamente remunerati, la giusta attenzione alle questioni urbane... Perché, a me pare, non c’e più tempo e i segnali che si leggono nelle Università, nell’emigrazione di tanti giovani laureati verso altri Paesi, nei dati reddituali e di occupazione, nel disagio delle periferie e nell’insicurezza abitativa delle nostre città, la stessa cronaca, lo dicono: noi non abbiamo più tempo!