Non è la prima volta che Catania viene distrutta dalle fondamenta per poi risorgere dalle sue stesse ceneri; è successo con le eruzioni dell’Etna, con i terremoti. Ci sono perciò le premesse che possa farlo anche come reazione a questa #distruzione finanziaria, le cui conseguenze non sono ancora del tutto chiare. E la voglia di rinascita potrebbe ben essere esemplificata dalla recente iniziativa dell’Amministrazione circa la ripartenza -ennesima- del percorso che ci dovrebbe portare ad un nuovo Piano per il governo del territorio, che in Sicilia si chiama ancora PRG. La discussione pubblica di qualche giorno fa ha evidenziato la consapevolezza, in tecnici e amministratori, che non si potrà non tener conto del fatto che Catania non finisce e non funziona solo entro i suoi stretti ambiti amministrativi. Catania è un nodo baricentrico rispetto all’intero sistema della Sicilia Orientale e la sua posizione, la sua dotazione di servizi logistici, la storia, la pongono come riferimento per l’intera Sicilia. Catania non è una questione solo locale! Ha in se le potenzialità per essere una di quelle medie città interessate dal fenomeno, già in corso a scala mondiale, di un nuovo urbanesimo e ha anche quelle per ri-diventare un polo attrattivo di intelligenze, creatività, cultura; sono fattori questi che creano benessere ed economia positiva e diffusa: a partire dai suoi patrimoni che sono legati alla sua genesi, al suo impianto urbano, alle valenze del suo territorio che, troppo spesso, non sono adeguatamente compresi e utilizzati se non vilipesi. Ecco, il nuovo Piano, forse, dovrebbe partire da questa matrice, non dovrebbe essere solo un piano edilizio o della viabilità ma un piano delle opportunità, delle connessioni, delle sinergie. Tenendo in grande conto della sicurezza atteso il rischio sismico e quello sociale legato ai fenomeni migratori, tenendo ancora conto della necessità di rendere permeabile il suo tessuto fisico facilitando la condivisione delle opportunità. Ma la Città è interessata da un sovrapporsi di programmi e strumenti di pianificazione settoriali, ciascuno nato per se stesso: dal piano per il porto, a quello dello sviluppo aeroportuale, dal programma di investimenti delle FS al Piano Paesaggistico che, tra tutti, è quello che potrebbe dare le maggiori criticità. Uso il condizionale perché non è ancora ufficialmente noto al pubblico il suo contenuto e il suo indirizzo; quello di prima elaborazione, così come molti approvati per altre parti della nostra Regione, si caratterizzava per la sua pressochè totale mancanza di visione e strategia di tutela (che non significa vincolo anzi, il contrario) del territorio. La sfida, per coloro i quali saranno chiamati a sviluppare il nuovo strumento, sarà anche quella di mettere a sistema queste previsioni fatte ex-ante, di dar loro una strategia complessivamente condivisa per l’evoluzione urbana proiettata ai prossimi dieci/venti anni, visto che, per vederlo concretamente operativo -il piano- ne occorreranno non meno di quattro/cinque, sempre che -come già troppe volte avvenuto in passato- l’iter non si blocchi. Per il momento dobbiamo accogliere con fiducia, quasi fede, gli auspici e gli impegni che Sindaco e Amministrazione hanno preso cercando di avere, tutti e in ogni ruolo, spirito positivo e propositivo. Perché dal dissesto si può e si deve uscire ma, per farlo, dobbiamo aver ben chiaro dove vogliamo andare.